Aids: 38 mln malati nel mondo, in Italia 71mila con 2.500 nuovi casi nel 2019

A 40 anni dalla segnalazione dei primi casi sono 35 mln i morti, oltre 45mila nel nostro Paese


Sono quasi 38 milioni (37,6 mln) le persone che oggi vivono con Hiv-Aids nel mondo, quasi 35 mln quelle morte dall’inizio dell’epidemia, nel 1981, con 1,5 mln di nuove diagnosi nel 2020, secondo gli ultimi dati dell’Unaids, il programma Onu per l’Hiv-Aids. In Italia, dall’inizio dell’epidemia, nel 1982, a oggi, sono stati 71.204 i casi di Aids e oltre 45mila i morti (fino al 2017), mentre nel 2019, secondo gli ultimi dati dell’Istituto superiore di sanità (Iss), sono state 2.531 le nuove diagnosi. Questi alcuni ‘numeri’ della malattia, a 40 anni esatti dalla prima comunicazione dei Centers for Disease Control and Prevention statunitensi segnalarono, il 5 giugno 1981, quelli che si riveleranno essere i primi casi documentati di Hiv.


Nel mondo – secondo l’Unaids – il numero delle nuove diagnosi è diminuito nel tempo passando dal picco del 1998 con 2,8 milioni di nuove infezioni a 1,3 mln nel 2020. Sul fronte delle cure, nel mondo, alla fine di giugno 2020, 26 mln di persone con Hiv hanno avuto accesso alle terapie antiretrovirali. Nel 2019 circa l’85% delle donne in gravidanza ha avuto accesso alle terapie antiretrovirali per prevenire la trasmissione del virus al nascituro. Il numero di decessi per anno continua a diminuire, principalmente per effetto delle terapie antiretrovirali combinate. Nel 2020 sono stati registrati 690mila morti.


In Italia, il Centro operativo Aids (CoA) dell’Iss indica che nel 2019, con 2.531 nuove diagnosi (che per l’80% riguardano maschi), l’incidenza dell’infezione è di 4,2 nuovi casi per 100mila residenti, con dati in costante calo dal 2012. Tra le Regioni italiane con un numero di abitanti superiore al milione e mezzo, le incidenze più alte sono state registrate in Lazio e Lombardia.

Sempre nel 2019, in Italia l’età mediana delle persone che ha scoperto di essere sieropositiva è di 40 anni per i maschi e 39 anni per le femmine. L’incidenza più alta si riscontra nelle fasce d’età 25-29 anni (10,4 nuovi casi ogni 100mila residenti) e 30-39 (9,8 nuovi casi ogni 100mila residenti).


La maggioranza delle nuove diagnosi di infezione da Hiv è attribuibile a rapporti sessuali non protetti, che costituiscono l’84,5% di tutte le segnalazioni (eterosessuali 42,3%; Msm – Men who have sex with men 42,2%). Diversamente dagli anni precedenti, in cui la trasmissione eterosessuale era sempre più frequente rispetto alla trasmissione Msm, nel 2019, per la prima volta, la quota di nuove diagnosi Hiv attribuibili a rapporti sessuali fra maschio è pari a quella ascrivibile a rapporti eterosessuali. I casi attribuibili a trasmissione eterosessuale sono costituiti per il 59,6% da maschi e per il 40,4% da femmine. Sul totale dei maschi, il 53% delle nuove diagnosi è rappresentato da Msm. Inoltre, il 25,2% delle persone diagnosticate è di nazionalità straniera.


Nel 2019, più della metà delle persone con una nuova diagnosi di Hiv è stata diagnosticata in fase avanzata di malattia. E ancora: il 33,1% delle persone con una nuova diagnosi ha eseguito il test per la presenza di sintomi che facevano sospettare un’infezione da Hiv, il 14,9% dopo un rapporto sessuale senza preservativo, il 12,7% in seguito a un comportamento a rischio generico, il 9,3% in seguito a controlli per altre patologie e l’8% durante iniziative di screening/campagne informative.


Fonte: Adnkronos Salute

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