Antibiotico resistenza. A rischio anche i neonati

Negli ultimi anni, il fenomeno dell’antibiotico resistenza (AMR) si è notevolmente aggravato, diventando una delle maggiori minacce mondiali. Si rischia che malattie infettive comuni possano tornare ad essere difficilmente curabili e quindi fatali. L’Italia, assieme a Grecia e Portogallo, è tra i Paesi con i più alti tassi di mortalità da AMR, secondo l’ultimo rapporto dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE). Nel nostro paese la proporzione di infezioni resistenti agli antibiotici è passata dal 17% del 2005, al 30% nel 2015 e potrà raggiungere il 32% nel 2030, di molto superiore alla media OCSE.

L’allarme viene dalla Società Italiana di Neonatologia (Sin) nel corso della Settimana mondiale sull’uso consapevole degli antibiotici (World Antimicrobial Awareness Week – WAAW, 18-24 novembre).

A preoccupare i neonatologi italiani è il fenomeno dell’antibiotico resistenza nei neonati, cioè quello dell’adattamento dei microrganismi all’ambiente, che determina la riduzione o l’eliminazione dell’efficacia di un agente antimicrobico. Sebbene si tratti di un meccanismo naturale, spiega la Sin, i principali fattori, sia del suo sviluppo, che della sua diffusione, sono “artificiali” e dovuti all’uomo ed in particolare all’uso inappropriato ed eccessivo degli antibiotici, non solo tra gli esseri umani, ma anche tra gli animali da produzione alimentare.

Inoltre, la dimensione globale del problema dipende dal fatto che una volta che un patogeno sviluppa resistenza ad un antibiotico, tale resistenza si diffonde molto rapidamente nel mondo, alimentata dalla mobilità delle popolazioni e dalla globalizzazione.

In ambito neonatale, negli ultimi anni c’è una crescente evidenza di infezioni dovute a patogeni resistenti agli antibiotici. Le sepsi neonatali dovute a questi patogeni sono associate a tassi di sequele e mortalità significativamente più elevati. Globalmente si stima che 214.000 decessi ogni anno tra i neonati sono da attribuire a microrganismi resistenti agli antibiotici. Circa la metà dei patogeni che causano infezioni neonatali severe risultano attualmente resistenti alla prima ed alla seconda linea di trattamenti raccomandati dalla Organizzazione Mondiale della Sanità.

Gli antibiotici, infatti, sono il farmaco più comunemente utilizzato nelle Terapie Intensive Neonatali (TIN) rappresentando un terzo della top 10 dei medicinali più utilizzati nelle TIN. Purtroppo, anche se negli ultimi anni i neonatologi hanno iniziato a valutare criticamente l’utilizzo degli antibiotici, la sfida che riguarda l’ottimizzazione del loro uso in ambito neonatale rimane significativa.

Tutt’ora, ricorda la Sin, più del 75% dei neonati con peso inferiore ai 1.500 g e più dell’80% di quelli con peso <1000 g vengono sottoposti alla nascita a terapia antibiotica, nel sospetto di una sepsi, pur essendo riportata in letteratura una incidenza della sepsi precoce che varia da 0 a 7%. Dati recenti della letteratura evidenziano, inoltre, che un uso non necessario e prolungato degli antibiotici, durante la prima settimana di vita nei neonati pretermine, aumenta il rischio di insorgenza di una infezione tardiva, di enterocolite necrotizzante o di morte.

Secondo il rapporto di Global Research on Antimicrobial Resistance pubblicato nel 2022 da The Lancet, che ha analizzato i dati da 204 paesi, nel 2019 oltre 1,2 milioni di persone sono decedute per infezioni causate da batteri resistenti a diversi antibiotici e circa 5 milioni di decessi sono associati a fenomeni di AMR.

Stime precedenti pubblicate nella Review on Antimicrobial Resistance dell’UK Department of Health prevedevano, entro il 2050, 10 milioni di morti all’anno a causa di infezioni batteriche da patogeni resistenti. I dati però del rapporto pubblicato su The Lancet ci indicano che siamo molto più vicini a questa cifra rispetto a quanto si pensasse.

Oltre l’impatto sanitario, l’AMR ha anche un impatto economico che secondo la Banca Mondiale, potrebbe essere peggiore della crisi finanziaria del 2008-2009. La Review on Antimicrobial Resistance stima i costi da AMR entro il 2050 a circa 100 trilioni di dollari, invece, il rapporto dell’OCSE riporta che affrontare le complicazioni di AMR potrebbe costare fino a 3,5 miliardi di dollari l’anno in media tra i 33 paesi analizzati e 13 miliardi di dollari in Italia fino al 2050.

“Le strategie da mettere in atto, per arginare questa silente pandemia in neonatologia, non sono diverse da quelle proposte per la popolazione generale”, afferma il Presidente della Società Italiana di Neonatologia (Sin), Luigi Orfeo. “Il quadro che emerge è quello di una realtà in cui l’arsenale per combattere i microrganismi è sempre più povero di mezzi. I nuovi antibiotici non risolveranno definitivamente il problema, perché perderanno la loro efficacia, dopo un certo periodo di utilizzo, a causa di batteri resistenti. Lo strumento più importante per la limitazione della AMR è la prevenzione nell’ambito ospedaliero, attraverso il corretto uso degli antibiotici e strategie di prevenzione e controllo delle infezioni, prima fra tutte l’igiene delle mani, che dovrebbe continuare ad essere fortemente incentivata. Ogni ospedale dovrebbe adottare un “Antibiotic Stewardship Program”, con la formazione di un gruppo multidisciplinare che guidi i medici nell’uso consapevole degli antibiotici. Se non si prendono subito provvedimenti adeguati, corriamo il rischio di ritrovarci nell’era pre-antibiotica degli anni ’30 e in un mondo senza antibiotici”.

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