Clostridioides difficile: incidenza nei trapianti di organi

Ad oggi si conosce ancora troppo poco riguardo l’incidenza e gli esiti dell’infezione da Clostridioides difficile (CDI) nei pazienti sottoposti a trapianto di organi solidi (SOT). Perciò, con questo studio gli esperti hanno voluto stimare l’incidenza di CDI e gli esiti nei pazienti che ricevono SOT.

Il disegno clinico si è basato sullo sull’analisi di una coorte di popolazione utilizzando i dati dell’assistenza sanitaria amministrativa, che ha permesso di individuare coloro che avevano ricevuto allotrapianti di organi nel range di tempo definito.

Se l’esito primario da valutare era il ricovero ospedaliero con diagnosi di CDI, quello secondario includeva i casi di morte per tutte le cause, il ricovero in terapia intensiva, il danno renale acuto che richiedeva dialisi e CDI fulminante. È stata poi valutata l’associazione tra mortalità a breve e a lungo termine e le seguenti variabili: età, sesso, indice di comorbilità di Deyo-Charlson, tipo di SOT, esordio precoce vs tardivo CDI, CDI fulminante, ricovero in terapia intensiva e danno renale acuto che richiede dialisi acuta.

Partendo da 10.724 pazienti destinatari di SOT, il trapianto di rene si è rivelato il più comune; 726 pazienti sono stati ricoverati in ospedale con CDI e l’incidenza a 1 anno è aumentata significativamente nelle coorti annuali. Clostridioides difficile è stato associato a un tasso del 16,8% di mortalità a 90 giorni e nei pazienti sottoposti a trapianto di rene, la CDI è risultato tipicamente ad esordio tardivo rispetto ai riceventi di altri organi. Inoltre, il danno renale acuto per cui è stata richiesta la dialisi è stato significativamente associato alla mortalità sia a breve termine che a lungo termine; ma anche la CDI a esordio tardivo è stata associata ad un maggior rischio di mortalità a breve e lungo termine.

I dati ottenuti hanno mostrato sia l’associazione della CDI post-trapianto alla mortalità sia l’associazione della CDI a esordio tardivo ad un rischio maggiore di morte rispetto alla CDI a esordio precoce. Questi risultati suggeriscono quindi che le strategie preventive non dovrebbero essere limitate ai primi mesi dopo il trapianto, perché approcci terapeutici mirati ai fattori di rischio di danno renale nei pazienti che ricevono SOT possono ridurre la mortalità post-CDI a breve e lungo termine.

Fonte: JAMA Open Network

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