Come l’Hiv riduce la materia bianca del cervello

È noto da tempo che le persone che vivono con l’Hiv sperimentano una perdita di materia bianca nel cervello. Al contrario della materia grigia, che è composta dai corpi cellulari dei neuroni, la materia bianca è costituita da una sostanza grassa chiamata mielina che riveste i neuroni, offrendo protezione e aiutandoli a trasmettere segnali in modo rapido ed efficiente. Una riduzione della materia bianca è associata al deterioramento motorio e cognitivo.


Un lavoro precedente ha scoperto che la terapia antiretrovirale (Art) può ridurre la materia bianca, ma non era chiaro come il virus stesso contribuisse a questa perdita.


In un nuovo studio condotto utilizzando cellule umane e di topi, il team ha rivelato come l’Hiv impedisce la maturazione delle cellule cerebrali mieliniche chiamate oligodendrociti, compromettendo così la produzione di materia bianca. Quando i ricercatori hanno applicato un composto che blocca questo processo, le cellule sono state ancora in grado di maturare.


Ora che questi meccanismi sono più chiari, il prossimo passo è proteggere le persone con infezione da Hiv da questi impatti. La mielinizzazione gioca infatti ruoli chiave in varie fasi della vita: nell’infanzia, nell’adolescenza e probabilmente anche durante l’apprendimento in età adulta.


Gli scienziati avevano ipotizzato che l’impatto dell’Hiv sul cervello sorgesse indirettamente attraverso l’attività di queste cellule immunitarie, poiché il virus non infetta i neuroni o gli oligodendrociti. Per saperne di più su come questo potrebbe influenzare in particolare la materia bianca, i ricercatori hanno preso il fluido in cui i macrofagi infettati da Hiv stavano crescendo e l’hanno applicato alle cellule precursori degli oligodendrociti di ratto, che maturano. Questo trattamento non ha ucciso le cellule precursori, ma ha bloccato la loro maturazione in oligodendrociti. Anche la produzione di mielina è stata successivamente ridotta.


Le cellule immunitarie infettate dal virus secernono sostanze nocive, che normalmente hanno come obiettivo gli organismi invasori, ma possono anche uccidere le cellule vicine, come i neuroni, o impedire loro di differenziarsi. Quindi il passo successivo era capire cosa veniva secreto per causare questo effetto sugli oligodendrociti.


I ricercatori avevano un indizio: il glutammato, un neurotrasmettitore, è noto per avere effetti neurotossici quando raggiunge livelli elevati. Quando i ricercatori hanno applicato un composto che smorza i livelli di glutammato ai macrofagi infetti da Hiv prima del trasferimento del mezzo di crescita ai precursori degli oligodendrociti, le cellule sono state in grado di maturare. Il risultato suggerisce che il glutammato secreto dai macrofagi manteneva le cellule precursori bloccate nella loro forma immatura.


C’era un altro meccanismo, tuttavia, che i ricercatori sospettavano potesse essere coinvolto: la risposta integrata allo stress. Questa risposta integra i segnali da quattro diverse vie di segnalazione, con conseguenti cambiamenti nell’espressione genica che servono a proteggere la cellula dallo stress o a spingere la cellula a morire, se lo stress è troppo forte. Risultati precedenti dal laboratorio avevano trovato che la risposta integrata allo stress è attivata in altri tipi di cellule cerebrali in pazienti che avevano il deterioramento cognitivo associato all’infezione da Hiv, così il team ha cercato il suo coinvolgimento anche negli oligodendrociti.


Qui hanno trovato la prova che la risposta integrata allo stress è stata attivata in culture di cellule precursori oligodendrociti.


Mettendo insieme queste informazioni con quello che avevano scoperto sul glutammato, i ricercatori hanno dimostrato che i macrofagi infettati dall’Hiv secernevano glutammato, che attivava la risposta integrata allo stress facendo partire a sua volta un percorso governato da un enzima chiamato Perk. Il blocco del glutammato impedisce l’attivazione della risposta integrata allo stress.


Adesso gli esperti vogliono utilizzare queste informazioni per trattare in modo personalizzato le persone con Hiv, soprattutto bambini e adolescenti.


Fonte: Glia

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