
Patogenesi genetica e molecolare della sclerosi laterale amiotrofica: aggiornamenti
La sclerosi laterale amiotrofica (SLA) è una malattia neurodegenerativa progressiva e letale che causa la massiccia perdita di motoneuroni nel […]
Il fosfato è un elemento essenziale per la vita e le sue concentrazioni nel sangue sono regolate da una serie di meccanismi complessi che coinvolgono diverse strutture e organi tra i quali intestino, reni, paratiroidi e scheletro. Il coordinamento viene svolto da alcuni ormoni: il fattore di crescita dei fibroblasti 23, l’ormone paratiroideo e il calcitriolo.
L’assunzione di fosfati, cresciuta notevolmente negli ultimi anni, avviene principalmente con la dieta e si ritiene che oggi, mediamente, ne venga ingerita una quantità più o meno doppia rispetto al necessario.
Gli studi eseguiti per valutare gli effetti avversi di un eccessivo consumo di fosfati sono spesso incompleti e pertanto l’interpretazione dei risultati diventa complicata. È comunque accertato che un carico eccessivo di queste sostanze provoca iperfosfatemia e un incremento del rischio di diminuzione della funzionalità renale correlata a un pericolo aumentato di patologie cardiovascolari e di morte.
Un gruppo di esperti ha condotto una valutazione sugli sviluppi più recenti delle ricerche che riguardano la correlazione tra assunzione di fosfati e danno renale.
Gli autori puntualizzano che è stato dimostrato da non molto tempo che un alto consumo di fosfati protratto a lungo (cronico) determina iperfosfaturia la quale, a sua volta, causa infiammazione dei reni e in seguito decadimento della funzionalità renale dovuto all’accumulo di fosfato di calcio sotto forma di particelle.
Successivamente, si verifica una diminuzione dell’escrezione renale di fosfato, iperfosfatemia e un ulteriore declino della funzionalità renale che è legato a un pericolo aumentato di disturbi cardiovascolari e di morte.
Fonte: Pflugers Arch.2022
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/35511366/