Covid: cardiologi interventisti, -20% procedure salvavita nel 2020

Road map per abbattere le liste d’attesa


“I laboratori di Emodinamica italiani hanno chiuso il 2020 con una riduzione di attività del 20%. A inizio pandemia abbiamo avuto una contrazione del 72% per la sostituzione valvolare aortica transcatetere, dell’80% per la clip mitralica, del 91% per la chiusura dell’auricola sinistra e del 97% per quella del forame ovale pervio. Abbiamo recuperato il possibile, facendo sforzi incredibili, ma non basta”. È l’allarme lanciato da Giuseppe Tarantini, presidente della Società italiana di cardiologia interventistica, nel corso del Thinkheart 2021, il convegno che il Gise (già Gruppo italiano studi emodinamici) dedica ogni anno all’analisi dei dati di attività di cardiologia diagnostica e interventistica.


I numeri parlano da soli. “Dobbiamo abbattere le liste d’attesa e rimodulare il rapporto con il territorio, su cui si è spostata la presa in carco del paziente cardiovascolare nell’ultimo anno. La Telemedicina deve entrare nel Recovery Fund anche nel nostro ambito”, sottolinea Tarantini. Le malattie cardiovascolari continuano a essere la prima causa di morte nel nostro Paese, anche in tempo di Covid-19. Sono 7,5 milioni i pazienti che ne soffrono. Per l’esperto, “la priorità oggi è l’abbattimento delle liste d’attesa: per un intervento programmato di angioplastica coronarica, per il quale l’attesa media nazionale si aggira intorno ai 20-25 giorni, ora si attendono mesi, con prospettive prognostiche drammatiche e spesso tragiche”.


Il cardiologo segnala inoltre che “le liste d’attesa, a fronte di una riduzione dell’attività nel suo complesso, hanno avuto invece un significativo incremento. Questo ci dice quanto abbia sofferto il cuore di questo Paese nell’ultimo anno. Occorre ora un Piano cardiologico di ripartenza nazionale – invoca – che preveda una riorganizzazione del rapporto ospedale-territorio, per gestire tempestivamente e in maniera appropriata le patologie coronariche e strutturali cardiache. Dobbiamo individuare i pazienti più a rischio, rivedere i criteri di priorità nell’accesso alle cure, stabilire un flusso informativo territorio-ospedale, investire su tecnologie, innovazione e opzioni diagnostico-terapeutiche non invasive, quelle che permettono di riportare a casa il paziente, in condizioni migliori e tempi più brevi”.


“La riconversione dei reparti, insieme alla paura del contagio – spiega Tita Castiglioni, membro dell’esecutivo del Gise e responsabile dei dati di attività delle Emodinamiche italiane – hanno portato, a inizio pandemia, al blocco di attività, soprattutto in elezione, per le procedure in ambito coronarico complesso e strutturale. I dati 2020 mostrano un trend negativo in regioni come il Molise (-53%), la Calabria (-32%) e le Marche (-30%). Ma la tendenza è particolarmente significativa in Lombardia (-23%), Campania (-20%) e Sicilia (-26%), perché parametrata al numero di Emodinamiche presenti e al volume di lavoro abituale. Nello specifico, le angioplastiche sono crollate del 20%, ma un dato analogo – rimarca – lo abbiamo anche per procedure strutturali come Tavi, mitraclip e chiusure percutanea di Dia (difetto interatriale) o di Pfo (forame ovale pervio)”.


Al convegno sono stati presentati i dati di una survey promossa fra i soci delle società Arca (Associazioni regionali cardiologi ambulatoriali) e Ance (Associazione cardiologia del territorio, ex Associazione nazionale cardiologi extraospedalieri). A evidenziare le criticità emerse è il presidente eletto Gise, Giovanni Esposito: “Dai dati appare chiaro quanto Covid-19 abbia spostato la necessità di cura del paziente cardiovascolare sul territorio e, allo stesso tempo, abbia impattato la capacità di quest’ultimo di rispondere in modo tempestivo alle richieste ricevute”.


“Per circa il 57% del campione – spiega – la barriera principale è stata il tempo di attesa per una visita medica, seguito da un aumento del numero di pazienti in cura (37%). Le patologie più colpite da questo ‘shift di presa in carico’ sul territorio riguardano lo scompenso cardiaco, l’ipertensione arteriosa, le aritmie cardiache e le cardiopatie. Un cardiologo ambulatoriale su due chiede maggiore condivisione di informazioni e soprattutto criteri di prioritizzazione del paziente da parte degli specialisti ospedalieri, insieme a un maggiore ricorso a sistemi di monitoraggio remoto. Tre colleghi su 4 chiedono una cartella clinica informatizzata condivisa, con cui favorire l’accesso prioritario dei pazienti più gravi in ospedale”.


Fonte: Adnkronos Salute

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