Covid: studio Altamedica, ‘tamponi rapidi sbagliano una volta su 2’

Giorlandino, ‘stop a questi test o l’Italia richiude’


“Bloccate i tamponi rapidi per non chiudere l’Italia”. E’ l’appello di Claudio Giorlandino direttore scientifico del Centro ricerche Altamedica di Roma, dove è stato condotto uno studio su 332 pazienti, pubblicato sulla rivista ‘Future virology”, dal quale emerge che il test antigenico rapido per la rilevazione del Covid-19 sbaglia quasi una volta su due, fornendo un alto tasso di falsi negativi.


Questo studio, con l’obiettivo di valutare meglio il test rapido dell’antigene nel contesto diagnostico del Sars-CoV-2, ha messo a confronto i risultati del test rapido immunocromatografico dell’antigene del virus con quelli del tampone molecolare Rt-qPcr, a oggi considerato il gold standard per la rilevazione dell’infezione. I test sono stati eseguiti nello stesso laboratorio e dagli stessi operatori. Dei 332 casi selezionati per il confronto, 249 campioni erano risultati positivi al tampone molecolare e 83 negativi. Tra i 249 campioni positivi, solo 151 erano stati rilevati dal test rapido antigene, con una sensibilità complessiva del 61%. In tutti gli altri 98 casi il test antigienico rapido immunocromatografico era risultato negativo.


“La letteratura internazionale già da tempo mette in luce i limiti dei test qualitativi immunocromatografici rapidi. La novità di questo studio – spiega Giorlandino – sta nella assoluta correttezza metodologica che, per primo, ha svelato che i limiti già conosciuti sono in realtà estremamente maggiori. L’enorme numero di falsi negativi che questi test, eseguiti in farmacia o in piccoli studi o laboratori, produce è pericolosissimo perché – sottolinea l’esperto – determina nei soggetti negativi un falso senso di sicurezza che induce ad allentare il rispetto delle misure di prevenzione quali il mantenimento della distanza e il rigido utilizzo di mascherine”.


“I limiti di questi test già conosciuti sono in realtà estremamente maggiori”

“Invece purtroppo quasi una persona su due che risulta negativa – ammonisce – è ancora infettiva, con l’effetto controproducente della diffusione del contagio. La scarsa sensibilità dei semplici test rapidi ne consente semmai l’utilizzo solo come test in prima linea per la diagnosi di Covid-19, limitatamente al primo controllo di massa in condizioni particolari, per intercettare immediatamente almeno una parte di altamente positivi dove non è possibile attendere le 12 o 24 ore di un test molecolare che necessita di essere trasportato ed eseguito in laboratorio specializzato. Il suo uso – insiste il medico – dovrebbe essere limitato nei porti ed aeroporti ma, tutti i soggetti negativi, debbono comunque essere avvertiti di osservare strettamente le precauzioni per evitare di trasmettere il contagio perché non è certo che non siano portatori”, aggiunge.


“Non si deve però confondere – chiarisce Giorlandino – il test antigienico rapido immunocromatografico qualitativo (quindi solo positivo o negativo) fatto in ambulatorio medico o in farmacia con il test rapido quantitativo eseguito in laboratorio attraverso metodiche di immunofluorescenza. Esame quantitativo che utilizza metodologie ed apparecchiature specifiche che risultano molto più attendibili. Si ribadisce inoltre che il test in biologia molecolare rappresenta pur non dando neanche lui massima certezza, il gold standard diagnostico. Solo la sua negatività – conclude – può consentire una ragionevole tranquillità”.

Fonte: Adnkronos Salute

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