Disturbo depressivo maggiore e microbioma intestinale

In uno studio condotto su 311 individui, alcuni scienziati hanno identificato 3 batteriofagi, 47 specie batteriche e 50 metaboliti fecali significativamente più o meno abbondanti nelle persone con disturbo depressivo maggiore (Mdd) rispetto ai controlli sani. I risultati forniscono la prova che il Mdd può essere caratterizzato da disturbi intestinali.

Gli scienziati hanno anche sviluppato uno strumento marcatore basato sulle firme del Mdd batterico, virale e metabolico che hanno scoperto, riuscendo effettivamente a differenziare tra pazienti con Mdd e controlli. Un simile strumento diagnostico basato su biomarcatori può aiutare i medici a diagnosticare meglio la patologia.

Mentre gli studi precedenti hanno osservato disturbi intestinali microbici nelle persone con Mdd, i ricercatori non avevano ancora identificato le specie batteriche che differiscono nelle persone con questo disturbo mentale comune o non avevano ancora esplorato se i virus intestinali sono modificati nei soggetti con Mdd.

Per capirlo, i ricercatori hanno analizzato materiale genetico da 311 campioni fecali prelevati da 156 pazienti con Mdd e 155 controlli sani e hanno eseguito analisi basate sulla spettrometria dei metaboliti fecali. I ricercatori hanno trovato differenze nette nella composizione batterica dei pazienti affetti da Mdd rispetto ai controlli, osservando che essi contenevano livelli più elevati di specie batteriche appartenenti al genere Bacteroides e livelli più bassi di specie appartenenti a Blautia ed Eubacterium. Una maggiore presenza di Bacteroides nel microbioma intestinale potrebbe spiegare le precedenti osservazioni secondo cui le persone con Mdd hanno livelli di citochine più elevati e un aumento dell’infiammazione, mentre una minore presenza di Blautia comporterebbe una perdita di benefici antinfiammatori. Sebbene gli esperti non abbiano trovato differenze significative tra la composizione virale dei Mdd e il gruppo di controllo, hanno identificato 3 batteriofagi che erano meno abbondanti nei pazienti affetti da Mdd, suggerendo quindi come siano utili studi futuri esplorino il ruolo di questi fagi.

Fonte: Science Advances

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