Giornata Mondiale Alzheimer. Senior Italia FederAnziani: “Deficit cognitivo tallone d’Achille del nostro Welfare”


L’Alzheimer e il deficit cognitivo: un’emergenza sempre più allarmante per il nostro Paese che rischia di mandarlo, nel giro di pochi anni, in default. È questo il quadro che emerge da una ricognizione del Centro Studi di Senior Italia FederAnziani sui dati ufficiali relativi a questa patologia, che viene diffusa in occasione della Giornata Mondiale dell’Alzheimer di domani 21 settembre. Un quadro che risulta quanto più preoccupante alla luce del progressivo invecchiamento della popolazione che colpisce il nostro paese, e non solo, ponendo degli interrogativi sulla capacità di contrastare il fenomeno e le sue conseguenze da parte delle nostre famiglie, del nostro sistema socio sanitario, della nostra comunità.

Il Deficit Cognitivo è una condizione che comporta la progressiva compromissione delle funzioni conoscitive in modo tale da pregiudicare il mantenimento di una vita autonoma. L’Organizzazione Mondiale della Sanità riferisce stime di crescita allarmanti del deficit: 35,6 milioni di casi nel 2010 che raddoppieranno nel 2030 e triplicheranno nel 2050  con 7,7 milioni di nuovi casi all’anno (uno ogni  quattro secondi) e il cui impatto economico sui sistemi  sanitari sarà di circa 604 miliardi di dollari l’anno, con  incremento progressivo.

In Italia, il numero totale dei pazienti con deficit cognitivo è stimato in oltre un milione, di cui circa il 60%, ovvero 600 mila, con malattia di Alzheimer, e circa tre milioni sono le persone direttamente o indirettamente coinvolte nell’assistenza dei loro cari con notevole impatto anche sul piano economico e organizzativo (Fonte: Ministero della Salute). Il maggior fattore di rischio associato all’insorgenza delle demenze è l’età, aspetto questo che in una società che invecchia, come la nostra, rende l’impatto del fenomeno di dimensioni allarmanti, tanto da poter prevedere che queste patologie diventeranno, in tempi brevi, uno dei problemi più rilevanti in termini di sanità pubblica. La prevalenza della demenza nei paesi industrializzati è circa del 8% negli ultrasessantacinquenni e sale ad oltre il 20% dopo gli 80 anni. Secondo alcune proiezioni, i casi di demenza potrebbero triplicarsi nei prossimi 30 anni nei paesi occidentali. In Italia, secondo le proiezioni demografiche, nel 2051 ci saranno 280 anziani ogni 100 giovani, con aumento di tutte le malattie croniche legate all’età, e tra queste le demenze. Non solo: l’Alzheimer e le demenze figurano tra le cause di morte in oltre 52 mila casi all’anno di decessi di anziani (Fonte: Report ISTAT “La salute mentale nelle varie fasi della vita – Anni 2015-2017”).

E numeri sono destinati ad aumentare con l’invecchiamento progressivo della popolazione. Basti pensare che se oggi gli over 65 sono circa 14 milioni nel nostro paese, rappresentando circa il 23% della popolazione, nel 2050 raggiungeranno saranno più di un terzo della nostra popolazione (il 36,%) arrivando a raggiungere la quota di 19.585.000 (Fonte : UN – World Population Prospects 2020). Numeri che consentono di stimare un aumento dei pazienti con Alzheimer dagli attuali 600.000 agli oltre 820.000 del 2050, mentre da 1 mln attuale di pazienti complessivi con deficit cognitivo si passerà nel 2050 ad averne 1,3 mln.

Un’emergenza quindi a cui il nostro sistema rischia di trovarsi impreparato, anche rispetto all’impatto economico e sociale del fenomeno. Il costo annuo medio per paziente con Alzheimer complessivo, ovvero comprensivo di costi a carico della famiglia e del Servizio Sanitario Nazionale, è stimato nella cifra di 70.587 euro, tra costi diretti, ovvero assistenza informale – badanti (16,23% dei costi), accesso ai servizi socio sanitari (5,16%), altri costi diretti (5,60%), che pesano complessivamente per il 26,80%, e costi indiretti (valorizzazione lavoro caregivers, mancati redditi) che pesano per il 73,20%. (Fonte: CENSIS e AIMA – Associazione Italiana Malattia di Alzheimer, 2016). Costi che solo in piccola parte sono a carico del SSN, pesando invece per la stragrande maggioranza solo sulle famiglie, con un costo annuo medio sostenuto da una famiglia con paziente con Alzheimer di 68.171 euro, comprendendo in questo costo non solo le uscite monetarie ma anche il lavoro prestato senza compenso da parenti e amici , e i correlati mancati guadagni degli stessi caregivers o dei pazienti. Come faranno le famiglie e il sistema tutto a reggere l’urto di questa emergenza nello scenario di continuo invecchiamento della popolazione senza una politica che sappia prevenire e contrastare il suo impatto con interventi tempestivi e con la giusta pianificazione? Bisogna mettere il tema al centro delle politiche socio sanitarie. Bisogna programmare metri quadri di RSA che abbiano la capienza per contenere il fenomeno. Bisogna fare i conti con una struttura sociale che è molto cambiata nei decenni: basti pensare che se nel 1970 il numero medio di figli per famiglia era di circa 2,4, oggi ci sono solo 1,2 figli per famiglia, con un vero e proprio dimezzamento. Come faranno, dunque, nei prossimi decenni i figli a gestire il carico del genitore con deficit cognitivo, senza più contare su quella condivisione tra fratelli che per decenni ha in gran parte retto il sistema? “Proprio per questo”, conclude il Presidente del Comitato Scientifico Senior Italia FederAnziani Prof. Francesco Fazio, “Senior Italia FederAnziani patrocina, insieme a tutta la comunità scientifica, e-MemoryCare, la metodica non farmacologica che è personalizzata paziente per paziente per favorire la stimolazione cognitiva e la possibile riabilitazione cognitiva di questi pazienti”.

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