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Il mal di schiena è stato associato a un modesto aumento della mortalità per tutte le cause tra le donne, secondo i risultati di una revisione sistematica e metanalisi pubblicata sul Journal of General Internal Medicine.
“Come medico che si prendeva cura di pazienti con mal di schiena, avevo sentito altri medici o ricercatori dire che il mal di schiena è invalidante, ma non ti uccide” spiega Eric Roseen, della Boston University School of Medicine, primo autore dello studio. “Ma – prosegue – ho pensato che se il mal di schiena è la principale causa mondiale di disabilità e se la disabilità è associata alla mortalità, allora il mal di schiena invalidante o che limita l’attività può essere associato alla mortalità”.
Per testare questa ipotesi, i ricercatori hanno esaminato 11 studi prospettici di coorte, per un totale di 81.337 adulti, che hanno valutato l’associazione tra il mal di schiena e la mortalità per tutte le cause. Cinque degli studi sono stati condotti nei paesi scandinavi, tre nel Regno Unito e uno negli Stati Uniti, in Israele e in Australia.
Gli esperti hanno visto che la presenza di mal di schiena non era associata a un aumento della mortalità in generale, ma lo era negli studi che coinvolgevano solo donne e adulti con mal di schiena più grave. Questo riscontro è coerente con gli studi su altre patologie muscoloscheletriche comuni.
Gli autori sottolineano che i pazienti con mal di schiena dovrebbero continuare a fare le loro attività quotidiane fino a quando non possono più tollerare il dolore, e che dovrebbero provare come prima cosa dei trattamenti non farmacologici.
“I pazienti a volte scoprono che uno di questi approcci può funzionare meglio per loro, anche se sono necessarie ulteriori ricerche per abbinare i pazienti a terapie particolari. Il mal di schiena si ripresenta spesso nel tempo e questi trattamenti non farmacologici possono essere utilizzati in sicurezza per gestire le riacutizzazioni dei sintomi, mentre i farmaci sono in genere raccomandati solo per l’uso a breve termine, a causa degli effetti indesiderati” concludono gli esperti.
Fonte: Journal of General Internal Medicine