Infarto STEMI nelle donne diabetiche: il danno va oltre i tempi di riperfusione

Uno studio pubblicato su Cardiovascular Diabetology ha messo in luce come, nelle donne con diabete di tipo 2 (T2D) e scompenso cardiaco a frazione di eiezione preservata (HFpEF), l’esito clinico dopo infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto ST (STEMI) sia significativamente peggiore rispetto alle controparti non diabetiche, indipendentemente dai tempi di riperfusione. I risultati suggeriscono che fattori metabolici e infiammatori aggravano il danno miocardico in questo sottogruppo ad alto rischio, sottolineando l’urgenza di approcci terapeutici mirati per le donne diabetiche.

Lo studio ha utilizzato un approccio integrato clinico e preclinico. Nella parte retrospettiva sono state analizzate 80 donne sottoposte ad angioplastica primaria (pPCI) per STEMI: 40 con diabete di tipo 2 e 40 senza diabete. Le pazienti diabetiche presentavano una mortalità significativamente più alta, una funzione ventricolare sinistra più compromessa dopo pPCI e un maggior ricorso all’impianto di defibrillatori (ICD), nonostante tempi “door-to-balloon” (DTB) paragonabili tra i gruppi.

L’analisi clinica è stata accompagnata da uno studio preclinico su topi femmina db/db, un modello murino di T2D. Questi animali hanno mostrato una maggiore vulnerabilità al danno ischemico-riperfusione rispetto ai controlli non diabetici, con disfunzioni metaboliche evidenti a livello di cuore, fegato e muscolo scheletrico, rilevate tramite spettroscopia NMR. Nei pazienti diabetici sono stati inoltre riscontrati marcatori infiammatori elevati, iperglicemia acuta e segni di danno cardio-epatico, fattori che sembrano amplificare il danno ischemico oltre quanto imputabile al solo ritardo nella riperfusione.

Questi risultati indicano che nei casi di STEMI in donne diabetiche con HFpEF, l’approccio terapeutico non può limitarsi alla tempestività dell’intervento coronarico, ma deve includere strategie specifiche per contrastare l’infiammazione sistemica, la disfunzione metabolica e i danni d’organo multipli. Il modello animale utilizzato si è rivelato valido per studiare le peculiarità fisiopatologiche della T2D femminile, rappresentando una base per lo sviluppo di future terapie personalizzate.

Fonte:  Cardiovasc Diabetol 2025

https://cardiab.biomedcentral.com/articles/10.1186/s12933-025-02771-z

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