Colangite biliare e diabete sono legati da una relazione causale bidirezionale
Secondo uno studio pubblicato su Frontiers in Endocrinology, tra il diabete di tipo 1 e la colangite biliare primitiva esiste […]
Un recente articolo pubblicato su Cureus sottolinea come l’ipertensione (HTN), quando non adeguatamente controllata, rappresenti un importante fattore di rischio per lo sviluppo di eventi cardiovascolari gravi come infarto del miocardio e ictus. Il rischio aumenta ulteriormente quando l’ipertensione coesiste con il diabete mellito, a causa degli effetti metabolici e vascolari combinati che amplificano il danno all’apparato cardiovascolare. Lo studio, una revisione narrativa, analizza i risultati di coorti osservazionali, studi clinici randomizzati e raccomandazioni delle linee guida più aggiornate.
“L’associazione tra diabete mellito e ipertensione può peggiorare ulteriormente la salute vascolare attraverso effetti metabolici e endoteliali combinati, incrementando i tassi di infarto del miocardio e ictus. L’approccio terapeutico deve tenere conto della complessità clinica del paziente, adattando i target pressori in base all’età, al carico di comorbidità e al rischio cardiovascolare di base” afferma Christy Anyaogu, del Richmond Gabriel University, Kingstown, Saint Vincent e Grenadine, primo nome della pubblicazione.
Dalla revisione emerge che il trattamento dell’ipertensione, sia attraverso farmaci che con interventi sullo stile di vita come la riduzione del sodio nella dieta e l’attività fisica regolare, porta generalmente a una riduzione del rischio cardiovascolare. Tuttavia, è stato osservato che una diminuzione eccessiva della pressione arteriosa diastolica, in particolare quando si attesta sotto ai 60 mmHg, può risultare pericolosa negli anziani e nei pazienti con malattia renale cronica. Per questo motivo, le strategie terapeutiche attuali puntano a una personalizzazione degli obiettivi pressori, bilanciando benefici e rischi. In alcuni casi, la gestione della pressione arteriosa può richiedere combinazioni farmacologiche, supporto dietetico mirato o anche l’impiego di dispositivi medici. Gli autori concludono che ulteriori studi prospettici saranno fondamentali per determinare i target ottimali di pressione arteriosa in popolazioni ancora poco rappresentate, come gli anziani oltre i 75 anni, i pazienti con insufficienza renale cronica avanzata o le coorti dell’Africa sub-sahariana. Inoltre, sarà importante confrontare direttamente gli effetti delle strategie farmacologiche rispetto a quelle basate esclusivamente su modifiche dello stile di vita, in particolare nei pazienti affetti da comorbilità.
Fonte: Cureus. 2025.d