La stabilizzazione di Hif1α è una strategia promettente contro il virus dell’epatite B

Le nuove strategie terapeutiche contro il virus dell’epatite B (Hbv) si concentrano, tra le altre cose, sull’attivazione del sistema immunitario per consentire all’ospite infetto di eliminare il virus.


La stabilizzazione del fattore inducibile dell’ipossia 1 alfa (Hif1α) è stata associata a risposte immunitarie alterate. La patogenesi dell’Hbv scatena una cicatrizzazione cronica legata all’epatite, che porta tra l’altro alla modulazione dell’ossigenazione del fegato e all’attivazione immunitaria transitoria, entrambi fattori che giocano un ruolo nella stabilizzazione di Hif1α.


Un gruppo di ricercatori si è chiesto se Hif1α interferisca con l’induzione immunomediata della citidina deaminasi Apobec3b e il successivo decadimento del Dna circolare covalentemente chiuso (cccDna).


Gli esperti hanno analizzato le biopsie epatiche di pazienti con Hbv cronico (Chb), valutando in vitro e in vivo l’effetto dell’induzione/stabilizzazione di Hif1α su HepaRG differenziate.


L’analisi della Chb ha evidenziato che le aree con alti livelli di Hif1α e bassa espressione di A3B erano correlate con un’elevata HBcAg, rappresentando potenzialmente un serbatoio per la sopravvivenza dell’Hbv nei pazienti immunodepressi. In vitro, la stabilizzazione di Hif1α ha fortemente compromesso l’espressione di A3B e l’effetto anti-Hbv.


La stabilizzazione di Hif1α ha diminuito il livello della proteina RelB ma non il suo mRna, il che è stato confermato in vivo.
I ricercatori hanno concluso che inibire l’espressione o la stabilizzazione di Hif1α rappresenta una nuova strategia anti-Hbv nel contesto dell’induzione immunomediata di A3B. Hif1α elevato, mediato dall’ipossia o dall’infiammazione, offre un serbatoio per la sopravvivenza dell’Hbv in vivo, e dovrebbe essere considerato come un fattore limitante nello sviluppo di nuove terapie immunitarie.


Fonte: Hepatology

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