Manovra. Farmindustria: in tempo per alzare ancora dello 0,1% tetto spesa diretta
04.12.2023 | Quotidiano Sanità
“Sono stati fatti degli investimenti per il Sistema sanitario nazionale: il dato forte che emerge da questa legge di bilancio è che ci sono maggior risorse. Certo, rispetto al Pil siamo ancora deficitari, ma veniamo da anni di tagli. E’ un segnale positivo rispetto a un perimetro macro-economico difficile con i risultati del bonus edilizio, del reddito di cittadinanza. Anche la rimodulazione dei tetti è un meccanismo logico di accompagnamento delle risorse laddove il fabbisogno di spesa si concentra, cioè nella spesa ospedaliera: la rimodulazione dello 0,2% in più l’abbiamo apprezzata, era quello che si poteva fare, anche se non basta. Il nostro auspicio è che si possa completare questa azione positiva con un ulteriore +0,1% nella spesa diretta”. A dirlo il presidente di Farmindustria, Marcello Cattani, nel corso di un incontro con la stampa a Roma.
“Una rimodulazione immediata al rialzo di un ulteriore 0,1% della spesa diretta”, come era stato previsto in una delle precedenti bozze della manovra (8,6% invece di 8,5% del totale),ha spiegato Cattani, “andrebbe nella direzione di rallentare lo sfondamento del tetto, con una riduzione del payback a carico di Regioni e aziende. La legge di bilancio non è ancora stata approvata e a legislazione vigente saranno 1,8 mld di euro di payback. Ma perché uno Stato che acquista dei farmaci chiede una compartecipazione a un proprio fornitore, calcolandola su un fabbisogno che ha deciso lui, su bisogni non reali, penalizzando le aziende? Ci vuole programmazione. Sarebbe auspicabile un ulteriore intervento prima che la legge di bilancio si chiuda, siamo ancora in tempo, poi nell’arco del 2024 si potrà aprire un fronte di lavoro che vada nella direzione di parlare di farmaci a innovatività condizionata, che potrebbero entrare nel fondo innovativi” che non viene speso per intero, “prevenire anche carenze di farmaci e garantire la sostenibilità industriale a chi produce i medicinali”.
Cattani ha poi stimato che “la crescita organica del valore della produzione del settore farmaceutico per il 2023 dovrebbe essere intorno al 9-10%. Rispetto a un 2022 straordinario, il timore di una minor crescita si sta attenuando guardando al valore della produzione. Abbiamo sempre detto che la domanda di farmaci a livello mondiale è esplosa a valle del Covid e la conseguenza è stata l’aumento di investimenti in ricerca e sviluppo. Noi siamo un paese manifatturiero, il nostro è un settore industriale, siamo la prima industria farmaceutica europea con un valore integrato di filiera, dalla R&S all’export. L’Italia è un vero e proprio ponte per mettere a disposizione farmaci verso tutto il mondo, come confermato dal dato 2022 del 97% di ciò che è stato prodotto che contribuisce all’export: il saldo esportazione resta positivo a 9 mld di euro e come indotto si superano i 100 mld di valore, contribuiamo al 2% del Pil in maniera diretta, ma molto di più in modo indiretto come sviluppo economico complessivo. Insomma, il nostro è un settore che si conferma traino dell’economia italiana e il Governo Meloni, con il quale abbiamo avviato un’eccellente collaborazione, ha scelto di riconoscere questo valore, con interventi importanti come la riforma dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), nella ricerca clinica e con la legge di bilancio, oltre ad essersi opposto in maniera brillantissima alla proposta di revisione della normativa europea sulla farmaceutica”.
Sulla riforma dell’Aifa, in particolare, Cattani si è soffermato evidenziando che “è una riforma cardine per noi e per i cittadini, perché consentirà di ridurre i tempi di accesso alle cure: siamo ancora lenti rispetto ad altri Paesi europei, con 14 mesi in media rispetto ai 2 mesi ad esempio della Germania. E non capiamo perché non possa essere così anche da noi, oltre poi a scontare i ritardi dell’accesso a livello regionale“. Ma la riforma sarà utile anche “per dare modalità nuove di ingaggio e di dialogo strutturato con le aziende sin dalla fase di horizon scanning ed early access, per preparare i percorsi e anche per strutturare una valutazione value based dei farmaci. Italia dà una minore valorizzazione dei farmaci rispetto a Germania, Francia, Spagna, come certificato da Istat, dalla stessa Aifa e dalla Banca d’Italia. Questo espone al rischio di carenze, di parallel export e di sostenibilità industriale, in anni in cui costi sono esplosi: intere classi di farmaci hanno un valore di pochissimi euro e oggi diventano molto complicate da produrre. Ma dobbiamo chiederci se vogliamo le carenze o vogliamo i farmaci? Questo implica dialogo, che è in corso con i tavoli istituzionali, per nuovi investimenti e nuovi stabilimenti produttivi, che necessitano di 5 anni per nascere ed essere certificati da tutti i Paesi in cui si vuole esportare. E’ un tema complesso che implica più attori al tavolo, ma avere un’Aifa con una visione strategica, che non sia solo un ente burocrate con l’unico mandato di tagliare i prezzi, sarà un servizio da dare ai cittadini e al Paese, con spirito di collaborazione con un’industria che genera valore”.