Manovra. Istat: “Le lunghe liste d’attesa sono la principale barriera di accesso alle cure”
15.11.2023 | Quotidiano Sanità
Le lunghe liste d’attesa continuano a rappresentare il principale ostacolo all’accesso ai servizi sanitari. Si riduce invece la percentuale di popolazione che rinuncia alle cure per motivi economici. Si registrano differenze territoriali nella dotazione di medici e infermieri e una “bassa coerenza” fra l’allocazione della spesa per le cure e il livello di salute della popolazione, a scapito in particolare delle Regioni del Sud.
Questo quanto emerso dall’audizione dell’Istat sulla manovra, presso le commissioni riunite Bilancio di Camera e Senato.
Come dicevamo, uno dei fattori di criticità denunciato riguarda “la bassa coerenza fra l’allocazione della spesa per le cure e la prevenzione sanitaria a livello regionale e le condizioni di salute della popolazione”, ovvero il bisogno potenziale da soddisfare dal sistema sanitario pubblico. In particolare, le regioni più penalizzate (spesa inferiore e percentuale maggiore di multi-cronici) sono Calabria, Basilicata, Sicilia, Abruzzo, Puglia e Campania; le Province autonome di Bolzano e Trento, Valle d’Aosta, Molise, Veneto e Lombardia risultano invece più avvantaggiate.
Personale sanitario
Il livello medio della spesa tra il 2012 e il 2021 per il personale dipendente del Servizio sanitario nazionale è stato di poco inferiore ai 36.100 milioni di euro, con un incremento medio annuo dello 0,5%.
La dotazione di medici e infermieri dipendenti del Servizio sanitario nazionale palesa differenze significative tra le aree del Paese. Nel 2021, il numero più elevato di medici in relazione alla popolazione residente si riscontra nelle Isole, con tassi di circa 20 medici ogni 10mila abitanti; all’estremo opposto si collocano le Regioni del Nord- ovest nelle quali i medici sono poco più di 15 per 10mila abitanti. Dal 2016 al 2021, la quota dei medici cresce significativamente nelle Regioni del Centro, passando da 16,6 a 18,7 per 10mila abitanti; incrementi di minore entità si registrano nel Sud e nel Nord-est, mentre nelle restanti ripartizioni la dotazione rimane sostanzialmente stabile.
Sempre nel 2021, la dotazione maggiore di personale infermieristico si riscontra nelle Regioni del Nord-est, con 58,2 infermieri per 10mila abitanti; al contrario nelle regioni del Sud la dotazione si attesta a 37,5 ogni 10mila abitanti. L’andamento osservato dal 2016 al 2021 evidenzia una costante crescita in tutte le aree del Paese, ad eccezione delle Isole dove presenta un trend in leggera diminuzione. L’incremento maggiore si rileva nelle Regioni del Nord-est, passate da 53,2 a 58,2 infermieri ogni 10mila abitanti; la lieve riduzione osservata nelle Isole ha portato la dotazione da 38,4 a 37,9 infermieri ogni 10mila abitanti.
Le differenze territoriali osservate rispetto al personale medico e infermieristico pubblico sono solo in parte spiegabili con la diversa composizione pubblico-privato convenzionato dell’offerta di strutture. Infatti, mentre la dotazione di infermieri che opera nel settore pubblico decresce all’aumentare della quota di strutture private convenzionate, quella dei medici non sembra legata a questa dinamica, restando sostanzialmente stabile al variare della composizione dell’offerta.
Anche per i medici di medicina generale (Mmg) e i pediatri di libera scelta (Pls) si rilevano differenze significative sul territorio, in particolare il tasso di Mmg più basso si riscontra nelle regioni del Nord, dove si attesta a poco più di 6 medici per 10mila abitanti; nelle Isole la quota si attesta a 7,8. La dotazione di Pls è superiore nelle Isole, 10 pediatri ogni 10mila bambini sotto i 15 anni, e inferiore nelle Regioni del Nord-ovest (8,3).
In generale, l’offerta di medici di medicina generale, osservata dal 2011 al 2021, palesa un trend in sensibile diminuzione in tutte le aree del Paese con una riduzione media annua dell’1,2%, leggermente più elevata nelle Regioni del Nord-ovest (- 1,4%). Per effetto di queste dinamiche, la percentuale di Mmg che assistono un numero di pazienti superiore al valore soglia stabilito dall’accordo nazionale è andata aumentando in maniera significativa (dal 15,8% del 2004 al 38,2% nel 2020).
Sempre tra il 2011 e il 2021, risulta sostanzialmente stabile il trend dei Pls, che non evidenziano dinamiche significative, anche per la riduzione della popolazione assistita nella fascia di età sotto i 15 anni sperimentata in questo periodo.
Accessibilità delle cure
Nel 2022, la quota di persone che ha dovuto rinunciare a prestazioni sanitarie ritenute necessarie si attesta al 7,0%, una percentuale simile a quella rilevata nel 2018 (7,2%), ma più contenuta dei due anni critici del 2020 e del 2021.
Nel confronto tra il 2022 e gli anni pregressi della pandemia, emerge un’inequivocabile barriera all’accesso costituita dalle lunghe liste di attesa, che nel 2022 diventa il motivo più frequente (il 3,8% della popolazione), a fronte di una riduzione della quota di chi rinuncia per motivi economici (era 4,3% nel 2019 e scende al 2,9% nel 2022).
Nel 2022, le prestazioni sanitarie fruite sono, inoltre, più contenute rispetto al periodo pre-pandemico. Dalle indagini Istat sulla popolazione si rileva infatti una riduzione – diffusa a tutte le ripartizioni – della quota di persone che ha effettuato visite specialistiche (dal 42,3% nel 2019 al 38,8% nel 2022) o accertamenti diagnostici (dal 35,7% al 32,0%); nel Mezzogiorno quest’ultima riduzione raggiunge i 5 punti percentuali. La flessione riguarda tutte le fasce d’età, ma è maggiore nelle età anziane, con riduzioni di 6 punti per le donne, e comunque anche tra i minori che ricorrono a visite specialistiche (-6 p.p.) o tra le donne adulte per gli accertamenti.