
Osteomielite cronica e carcinoma squamocellulare: approccio diagnostico e gestionale
Un team di ricerca dell’University of Oxford ha condotto uno studio sul carcinoma a cellule squamose (SCC), una complicanza associata […]
I pazienti con melanoma e con linfonodi sentinella positivi vengono gestiti con la sola osservazione, con l’osservazione insieme a terapia adiuvante o resezione dei linfonodi (CLND) e terapia adiuvante: la scelta del protocollo terapeutico dipende dal centro di cura. È quanto osservato da un’analisi internazionale guidata da Kristy Broman, dell’Università dell’Alabama di Birmingham (USA), i cui risultati sono stati pubblicati su Annals of Surgery.
Secondo gli autori, mentre la maggior parte dei pazienti resta in sorveglianza invece di andare incontro a completa resezione dei linfonodi (CLND) e l’uso della terapia sistemica adiuvante è in aumento, permangono significative variazioni geografiche che meritano approfondimenti. Per questo il team ha valutato i dati relativi a 1109 pazienti affetti da melanoma con positività dei linfonodi trattati tra Australia, Europa e Stati Uniti nel periodo che va da 2017 al 2019.
Durante il periodo di studio, l’uso della CLND è diminuito dal 28% all’8% e l’uso della terapia sistemica adiuvante, di contro, è aumentato dal 29% al 60%. Per la scelta dei due trattamenti, i fattori che hanno influenzato maggiormente la scelta sono stati l’entità dell’interessamento linfonodale e lo stadio.
Tuttavia, i pazienti trattati negli USA, rispetto a quelli di Europa e Australia, avevano più probabilità di ricevere una terapia sistemica adiuvante, con o senza CLND.
“Abbiamo buone prove a supporto del fatto che un approccio chirurgico minimale funziona per la maggior parte dei pazienti con interessamento linfonodale, risparmiando loro ulteriori interventi chirurgici e complicanze a lungo termine”, ha spiegato Borman, secondo la quale tuttavia “considerando le tendenze generali, è sorprendente che ci sia ancora una certa variabilità nel trattamento fornito ai pazienti in base a dove hanno ricevuto le cure e non rispetto a quanto è ad alto rischio il melanoma”.
Fonte: Annals of Surgery