Stenosi spinale lombare: terapia fisica e chirurgica

La stenosi spinale lombare (LSS) rappresenta la più comune indicazione per la chirurgia spinale negli anziani, ed è probabile che la sua prevalenza aumenti nelle popolazioni in invecchiamento.

La chirurgia viene in genere effettuata per trattare pazienti con LSS che non migliorano con i trattamenti non chirurgici, in quanto è improbabile che i sintomi della LSS peggiorino o che la funzionalità neurologica si deteriori rapidamente.

Diversi studi hanno indicato che la decompressione chirurgica offre un vantaggio rispetto ai trattamenti non chirurgici in pazienti selezionati con sintomi gravi persistenti che comprendono dolore sia a livello della schiena che delle gambe.

Una recente revisione della letteratura che ha paragonato la chirurgia ai trattamenti non chirurgici per la LSS ha concluso che i pazienti chirurgici vanno incontro ad esiti clinici migliori a distanza di un anno, ma questi pazienti sono anche caratterizzati da maggiori tassi di complicazioni rispetto a quelli non chirurgici nell’arco dell’intero periodo di monitoraggio.

In ogni caso, uno studio randomizzato che ha paragonato la decompressione chirurgica alla terapia fisica nei pazienti con LSS che erano candidati alla chirurgia ha riscontrato che la terapia fisica porta ad effetti simili a quelli della decompressione chirurgica, per quanto il 57% dei pazienti assegnati alla terapia fisica abbiano poi fatto ricorso alla chirurgia.

Un recente studio ha riscontrato un elevato grado di variabilità nell’intero spettro delle pratiche diagnostiche e terapeutiche per la LSS fra i chirurghi dello stesso istituto, ed il sesso maschile, la ricerca di un ulteriore chirurgo, la presenza di un’altra diagnosi spinale, e le visite in un reparto neurochirurgico risultavano elementi indipendentemente associati ad un incremento degli interventi chirurgici.

Negli USA è stato riscontrato nel tempo un livellamento del tasso di interventi effettuati su pazienti con diagnosi primaria di LSS, e tale tasso si è attestato all’88% circa. E’ stato riscontrato inoltre un incremento del tasso delle fusioni spinali ed una riduzione in quello delle decompressioni in tutte le categorie di pazienti, mentre non è stata segnalata alcuna differenza nei tassi delle revisioni fra pazienti con o senza scoliosi, ad eccezione di quelli sottoposti a fusioni complesse.

Secondo una revisione della letteratura che ha preso in esame 21 studi, rispetto alla decompressione semplice, la decompressione con fusione incrementa significativamente la durata del ricovero ospedaliero, i tempi operatori e la perdita di sangue stimata.

Rispetto alla fusione, la decompressione riduce significativamente i tempi operatori, la perdita di sangue stimata ed il punteggio complessivo alla scala VAS per il dolore. Rispetto alla decompressione endoscopica, inoltre, la decompressione microscopica incrementa significativamente la durata della degenza ospedaliera ed i tempi operatori.

Rispetto alla chirurgia tradizionale, la discectomia endoscopica riduce significativamente la durata della degenza, i tempi operatori, la perdita di sangue stimata ed il punteggio VAS complessivo, ed incrementa il punteggio alla scala della Japanese Orthopaedic Association.

Rispetto alla TLIF (transforaminal lumbar interbody fusion), la variante MIS-TLIF riduce significativamente la durata delle degenze ed incrementa i tempi operatori ed il punteggio relativo al miglioramento fisico della scala SF-36.

Rispetto alla decompressione multilivello ed alla fusione a livello singolo, la decompressione multilivello con fusione multilivello incrementa significativamente i tempi operatori, la perdita di sangue stimata ed il punteggio alla componente mentale della scala SF-36, riducendo però il punteggio all’indice di disabilità di Oswestry.

Rispetto alla decompressione, semplice, la decompressione con stabilizzazione interluminale riduce significativamente i tempi operatori ed il punteggio relativo alla gravità dei sintomi al questionario sulla claudicatio di Zurigo, incrementando però l’indice VAS.

La fusione intervertebrale laterale obliqua (OLIF) è oggi molto popolare, ma l’approccio obliquo laterale ha alcuni ovvi svantaggi, che comprendono visibilità limitata e limitazioni al campo operatorio per ottenere la decompressione del canale spinale.

E’stato proposto un nuovo approccio secondo cui sarebbe possibile ottenere la decompressione mediante OLIF combinata con un sistema operatorio endoscopico spinale.
La decompressione neurale e la ricostruzione spinale verrebbero ottenute in modalità mini-invasiva, il che potrebbe svolgere un ruolo fondamentale nel trattamento delle forme gravi di LSS.

Nello studio SPORT, il più ampio studio randomizzato che abbia paragonato il trattamento chirurgico della LSS a quello non chirurgico, i pazienti che hanno ricevuto terapia fisica nel gruppo di trattamento non chirurgico sono andati incontro ad un maggior grado autostimato di miglioramento ed avevano minori probabilità di fare ricorso alla chirurgia rispetto a quelli che non sono stati sottoposti a terapia fisica.

E’ pertanto possibile che una terapia fisica adeguata consenta ai pazienti con LSS di evitare la chirurgia. Diversi studi randomizzati hanno esaminato l’efficacia della terapia fisica implicante flessioni, esercizi di rafforzamento, condizionamento aerobico come tapis roulant e cyclette supportati dal peso corporeo, terapia manuale, educazione del paziente e altri regimi basati su ultrasuoni, impacchi caldi e stimolazione neurale elettrica transcutanea per i pazienti con LSS.

Una recisione sistematica della letteratura sulla terapia fisica per i pazienti con LSS ha portato alla conclusione che l’esercizio porta ad esiti a breve termine migliori rispetto alla mancanza di esercizio per quanto riguarda disabilità e dolore a livello di schiena e gambe, e la terapia manuale o altre modalità non offrono alcun effetto addizionale rispetto all’esercizio.
Recenti studi randomizzati hanno riportato che l’esercizio supervisionato ed individualizzato apporta maggiori miglioramenti a breve termine in termini di sintomi, funzionalità fisica e capacità di deambulazione rispetto all’esercizio di gruppo non supervisionato, ma nessuno studio ha indagato la correlazione fra il numero di sessioni di terapia fisica e gli effetti terapeutici in pazienti con LSS.

In base ad un recente studio condotto su 43 pazienti, sei settimane di terapia fisica supervisionata da effettuare due volte alla settimana determinano un significativo miglioramento a breve termine per quanto riguarda gravità dei sintomi, funzionalità fisica, dolore a livello di schiena e gambe e disturbi della deambulazione rispetto ad un programma basato su una sola sessione a settimana o sul solo esercizio a domicilio.

I pazienti con LSS dovrebbero dunque essere trattati con forme di esercizio intensive e supervisionate allo scopo di ottenere i massimi benefici dalla terapia fisica.

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