Educazione neurofisiologica al dolore nei pazienti con artrosi al ginocchio
Un team di esperti francesi ha recentemente condotto uno studio al fine di esaminare quanto l’educazione neurofisiologica al dolore sia […]
Un nuovo approccio all’imaging osseo funzionale ha rilevato che un eccesso di metabolismo osseo nei pazienti con osteoartrosi del ginocchio. Queste informazioni fisiologiche forniscono una nuova misura funzionale per aiutare a valutare la degenerazione dell’articolazione del ginocchio.
La ricerca è stata presentata all’incontro annuale virtuale della Society of Nuclear Medicine and Molecular Imaging 2020, che si è tenuto dall’11 al 14 luglio.
L’osteoartrite, il disturbo articolare più comune negli Stati Uniti, colpisce oltre 32,5 milioni di adulti. Si tratta di una patologia non compresa fino in fondo, in parte anche perché non si dispone degli strumenti per valutare oggettivamente i cambiamenti precoci e reversibili nei tessuti chiave. Come ha osservato Lauren Watkins, una delle autrici del lavoro e ricercatrice del Stanford University Imaging of Musculoskeletal Function Group: “Mentre sono stati sviluppati molti metodi di risonanza magnetica per la valutazione dei primi cambiamenti degenerativi della cartilagine, l’imaging funzionale dell’osso nell’articolazione rimane una grande sfida.”
Lo studio ha dimostrato che il metabolismo osseo anormale nelle regioni con lesioni del midollo osseo, osteofiti e lesioni della cartilagine adiacente è fortemente associato a maggiori tassi di perfusione ossea rispetto all’osso apparentemente normale alla risonanza magnetica.
Inoltre, sono state osservate forti relazioni spaziali tra anomalie metaboliche ossee e cambiamenti nella cartilagine sovrastante.
Questi risultati, secondo gli autori, mostrano l’utilità e il potenziale delle Pet per studiare il ruolo della fisiologia ossea nella malattia degenerativa delle articolazioni. Questa conoscenza può aiutare a capire l’ordine degli eventi che portano alla degenerazione strutturale e funzionale del ginocchio. Inoltre, questo permetterà di sviluppare e valutare rapidamente nuovi interventi che mirano a specifici percorsi metabolici per cercare di rallentare o arrestare l’insorgenza e progressione dell’osteoartrite.
Fonte: Journal of Nuclear Medicine
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