Carcinoma della cervice uterina
Il tumore della cervice uterina è un tumore frequente soprattutto nelle donne sotto i 50 anni, ove rappresenta la quinta neoplasia per incidenza e circa il 4% di tutte le diagnosi di tumore1. L’incidenza, così come la mortalità, sono in calo in Italia di circa il 2% all’anno, grazie ai programmi di prevenzione primaria e secondaria; nonostante ciò, il carcinoma della cervice rappresenta una problematica assistenziale rilevante, in particolare nelle aree geografiche dove le strategie preventive non sono ancora state efficacemente implementate e nella popolazione immigrata. Il trattamento delle forme iniziali è prevalentemente chirurgico, mentre nelle forme localmente avanzate la superiorità della modalità combinata chemio-radioterapia è ormai consolidata1.
Il tumore della cervice uterina è quindi un tumore che si può prevenire e curare, se riconosciuto precocemente e trattato adeguatamente, ma rimane ad oggi, tuttavia, uno dei tumori più comuni e una delle cause di morte correlata a tumore più frequente al mondo2.
Nel 2020 è stato il quarto tumore per incidenza nel sesso femminile nel mondo, in particolare in alcuni stati dell’Africa ci sono più di 40 casi ogni 100.000 abitanti, mentre in Europa Occidentale e Stati Uniti l’incidenza è inferiore a 10 casi per 100.000 abitanti 1.
In Italia il carcinoma della cervice uterina è il quinto tumore per frequenza nella popolazione femminile sotto i 50 anni di età. È più frequente nelle donne di origine straniera, provenienti da paesi dove non vi sono programmi di screening o di vaccinazione disponibili 1.
Il fattore eziologico principale è l’infezione da Papilloma virus (HPV), che si ritrova in circa il 99% dei carcinomi della cervice. La maggior parte delle infezioni da HPV decorre in maniera transitoria e asintomatica e il 60-90% delle infezioni da HPV, sia da genotipi oncogeni che non oncogeni, si risolve spontaneamente nell’arco di 1-2 anni dal contagio. Tuttavia, in caso di persistenza dell’infezione ci può essere l’insorgenza di lesioni benigne e maligne della cute e delle mucose. La maggior parte delle infezioni da HPV è quindi transitoria, ma molto dipende dal genotipo, oltre che da altri fattori concomitanti2. L’infezione da HPV è considerata quindi una condizione necessaria, ma anche altri fattori di rischio sono rilevanti nel tumore della cervice HPV-correlato tra i quali, in particolare, inizio precoce dell’attività sessuale, numero elevato di partner o avere avuto partner ad alto rischio, storia di infezioni sessualmente trasmesse, immunodepressione 1 .
Il sospetto diagnostico nei casi iniziali si pone sulla base di un risultato positivo al Pap-test, che rappresenta l’esame di primo livello, al quale deve seguire la colposcopia con biopsia mirata ed esame istologico. Alla conferma istologica di carcinoma della cervice, è fondamentale una corretta valutazione dell’estensione della malattia, con l’esecuzione di RM addome-pelvi con MdC e TAC total body con MdC o PET-TC 1.
Per quanto riguarda l’istologia, il tumore squamoso è il più frequente (circa l’85% delle diagnosi), mentre l’adenocarcinoma rappresenta solo il 10-12% dei casi 1.
I sottotipi di HPV associati con il carcinoma a cellule squamose sono differenti rispetto a quelli associati con l’adenocarcinoma, ma i sottotipi 16 e 18 sono i più frequenti in entrambe le istologie 1 .
Lo sviluppo di vaccini in grado di prevenire le infezioni da HPV e la conseguente evoluzione a lesioni precancerose ha permesso per la prima volta in oncologia di realizzare una vera e propria prevenzione primaria nei soggetti sani. Attualmente in Italia è offerta la vaccinazione HPV gratuitamente e attivamente agli adolescenti maschi e femmine (11 anni di età) e in molte Regioni la gratuità è estesa anche ad altre fasce di età e categorie (come le donne di 25 anni e le donne con lesioni precancerose da HPV)2.
L’implementazione dei programmi di screening con il Pap-test ha rappresentato la prima strategia preventiva, determinante per la riduzione dell’incidenza e della mortalità di questa neoplasia, grazie alla possibilità di diagnosi precoce. Oggi, in Italia, si sta passando all’utilizzo del test HPV come test primario di screening da effettuare ogni 5 anni in donne di 30-35 anni di età. In caso di HPV test positivo, la paziente dovrà essere sottoposta a Pap-test e, se anch’esso sarà positivo, dovrà essere sottoposta a colposcopia. Per le donne di 25-30 anni l’esame di riferimento rimane il Pap-test, da eseguire ogni 3 anni 2.
Essendo principalmente le donne provenienti da paesi in via di sviluppo quelle più a rischio nello sviluppo di questa malattia, l’OMS ha lanciato una strategia globale per accelerare l’eliminazione del cancro cervicale, prevedendo il raggiungimento di un’incidenza del tumore inferiore a 4 casi su 100.000 donne. Il piano prevede determinati obbiettivi necessari per raggiungere questo risultato: 90% di copertura vaccinale anti-HPV e 70% di aderenza allo screening per il carcinoma della cervice nelle popolazioni target e 90% di donne con diagnosi di lesione precancerosa di alto grado che ricevano un corretto trattamento e follow-up delle pazienti con tumore invasivo 2.

Gli stadi precoci di malattia (tumori confinati alla cervice, di dimensioni inferiori ai 4 cm) beneficiano del trattamento chirurgico esclusivo (la laparotomia rappresenta la tecnica chirurgica di scelta). In tumori microinvasivi o invasivi <2 cm, in pazienti giovani desiderose di preservare la fertilità e disposte a seguire un programma di stretto follow up, un approccio di chirurgia conservativa con trachelectomia o conizzazione è possibile in centri selezionati3. Le neoplasie in stadio FIGO IB-IIA possono beneficiare di radioterapia esclusiva, in alternativa alla chirurgia: la scelta dipende da fattori clinici (età, condizioni generali della paziente, stato menopausale, obesità), fattori legati alla neoplasia (istologia, dimensioni, rischio di localizzazioni linfonodali), ed esperienza delle singole istituzioni1.
I tumori localmente avanzati e/o con linfonodi positivi necessitano di un approccio multidisciplinare con radioterapia a fasci esterni associata a chemioterapia concomitante con l’utilizzo di regimi a base di platino, e successiva brachiterapia cervico-vaginale. Nei tumori in fase metastatica l’approccio terapeutico principale è rappresentato dalla polichemioterapia con regimi a base di platino e taxani associati al bevacizumab in assenza di fattori di rischio specifici per quest’ultimo1. L’immunoterapia è l’arma più promettente per il tumore della cervice: nel 2018 pembrolizumab è stato approvato dall’ente regolatorio americano (FDA) per il trattamento di pazienti con tumore della cervice metastatico o recidivante in progressione durante o dopo la chemioterapia con espressione di PD-L1, MSI-H o dMMR1. Inoltre, in ottobre 2021 la FDA ha approvato l’uso di pembrolizumab in associazione alla chemioterapia, con o senza bevacizumab, per le pazienti con tumore della cervice persistente, recidivante o metastatico con espressione di PD-L1 (CPS ≥1)1 .
- Linee Guida AIOM Neoplasie della Cervice, edizione 2021
- I numeri del cancro in Italia, rapporto AIOM-AIRTUM 2021
- I numeri del cancro in Italia, rapporto AIOM-AIRTUM 2020
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