Linfoma di Hodgkin

I linfomi sono un gruppo di neoplasie che deriva dall’espansione clonale di una specifica popolazione di linfociti. I linfociti T e B sono i principali effettori del nostro sistema immunitario. Riferendoci ai linfomi parliamo di un gruppo molto eterogeneo di patologie, in quanto se ne riconoscono circa 60 diversi tipi, distinti per caratteristiche clinico-patologiche 1.

In base al comportamento clinico distinguiamo i linfomi in: agressivi, cioè ad andamento rapidamente progressivo, ed indolenti, cioè ad andamento tendenzialmente cronico. Dal punto di vista istologico i linfomi vengono classificati in linfomi di Hodgkin (LH) e non Hodgkin (LNH).

L’incidenza globale, pari a circa 20 casi/100.000 persone, pone questa classe di neoplasie al quinto posto tra i diversi tipi tumorali 1. Ci sono forti variabilità epidemiologiche in base a fattori geografici e demografici. I principali fattori di rischio sono le radiazioni ionizzanti, l’esposizione ad alcuni agenti chimici, lo stato di immunosoppresione, stimoli infiammatori cronici (es. EBV, HCV, celiachia, Helicopbacter Pylori) 2.

Il segno clinico più frequente è la presenza di linfoadenopatie palpabili. La diagnosi si basa sulla biopsia escissionale del linfonodo sospetto 2.

L’incidenza si sta stabilizzando dopo l’aumento iniziato in particolare negli anni ’70 e ’80, dovuto a una miglior conoscenza e capacità diagnostica, e alla pandemia da HIV 1.

I LNH rappresentano in Italia il 3% delle diagnosi di neoplasia 2. Tra i LNH, il linfoma diffuso a grandi cellule (1) rappresenta il sottotipo più frequente (30%), seguito dal linfoma follicolare (20%).

Il LH rappresenta invece una malattia rara, l’incidenza mostra una caratterisitca distribuzione bimodale: con un primo picco in pazienti giovani (15-35 anni) ed un secondo picco in età superiore ai 65 anni 3.

Il tasso di guarigione è variabile, e generalmente superiore nella popolazione più giovane 2.

Tabella 1. Confronto della sopravvivenza netta a 5 anni dalla diagnosi per fascia di età, casi diagnosticati nel quinquennio 2005-2009. (Mod. da 3)

I principali fattori di rischio per lo sviluppo di linfoma sono 2:

  • l’età: le fasce sopra i 65 anni sono più a rischio sia per LNH che LH; il LH ha inoltre un secondo picco di incidenza nei giovani adulti;
  • il sesso: gli uomini sono generalmente più a rischio delle donne;
  • i fattori geografici: il LH è ad esempio più raro nella popolazione asiatica;
  • le radiazioni ionizzanti: aumentano il rischio, comprese le radiazioni ricevute a scopo terapeutico per altre patologie;
  • sostanze chimiche: esposizione a erbicidi, pesticidi;
  • infezioni croniche: da EBV, da H. Pylori (incrementato rischio di sviluppo di linfoma gastrico) HBV, HCV;
  • condizioni di immunosoppressione: per infezione da HIV, nei pazienti sottoposti a terapie antirigetto per trapianto d’organo ecc.

Il segno clinico più frequente è il riscontro di linfonodi dalle dimensioni aumentate (linfoadenomegalia), che si presentano caratteristicamente non dolenti, con cute sovrastante integra, di consistenza lignea e con la tendenza a conglomerare in pacchetti 2

L’ingrossamento dei linfonodi ha diverse cause non oncologiche, prima fra tutte la reazione alla presenza di un’infezione o stato infiammatorio; questo aspetto deve essere considerato sempre quando si valuta la presenza di linfoadenomegalie (2). Potenzialmente ogni stazione linfonodale, così come altri organi linfoidi come la milza, possono essere coinvolti, dando una sintomatologia specifica per ogni sede; posso inoltre essere coinvolti, soprattutto nei linfomi non hodgkin, anche organi extranodali (es. intestino, stomaco, midollo osseo) 2.

Possono inoltre essere presenti sintomi sistemici, non patognomonici, ma piuttosto caratterisitci come febbre, perdita di peso, sudorazione notturna profusa (sintomi B) e prurito sine materia 2.

La diagnosi è istopatologica, e si basa sulla biopsia escissionale di una linfoadenopatia come gold standard 1.

La diagnosi deve accompagnarsi naturalmente a una stadiazione completa della patologia, eseguita mediante TC o TC/PET, ma anche ecografia e RM 2.

La diagnostica di laboratorio, in particolare alterazioni dell’emocromo, può essere di ausilio alla diagnosi, inoltre la valutazione ematica della latticodeidrogenasi (LDH) rappresenta un marcatore aspecifico di patologia linfoproliferativa 2.

Si applica poi il sistema stadiativo secondo Ann-Arbor, o la sua revisione secondo Lugano, che distingue 4 stadi in base all’estensione della malattia ( numero e sede delle stazioni linfonodali +/-interessamento di organi extranodali) alla clinica, ai dati di laboratorio 1.

L’unica prevenzione attuabile risiede nel ridurre l’esposizione a fattori di rischio modificabili. Non è possibile diversamente prevenirne l’insorgenza (2).

  • Linee Guida AIOM Linfomi, edizione 2018
  • Website AIRC LH e LNH
  • Howlader N, et al. SEER Cancer Statistics Review, 1975–2013, National Cancer Institute. Bethesda, MD, http://seer.cancer.gov/csr/1975_2013/, based on November 2015 SEER data submission, posted to the SEER web site, April 2016

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