La violenza lascia cicatrici sul Dna. Iss chiede a donne di donare campioni biologici per studiare gli effetti e prevenire danni alla salute

Lo studio pilota EpiWE pubblicato nel 2023 e di cui l’Iss è l’ente promotore in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano e la Fondazione Cà Granda dell’Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, aveva già dimostrato che la violenza è in grado di alterare a livello epigenetico i geni delle donne vittime di violenza, modificandone cioè non la struttura ma l’espressione. “Quei risultati preliminari, che erano stati ottenuti analizzando un pannello di 10 geni – spiega Simona Gaudi coordinatrice di EpiWe ricercatrice del Dipartimento Ambiente e Salute – sono stati il punto di partenza per lo sviluppo dello studio multicentrico, che prende il via grazie all’accordo di collaborazione tra il Ministero della salute-Centro nazionale per la prevenzione ed il controllo delle malattie (Ccm) e l’Iss. L’azione Centrale del ministero permetterà di avere un numero maggiore di donne da arruolare nella ricerca, per riuscire a studiare il profilo epigenetico non di pochi geni, come è stato fino ad ora, ma dell’intero genoma. E di farlo con continuità, nel tempo avviando programmi di follow up: invitando le donne a donare nel corso del primo incontro dopo la violenza un campione biologico da analizzare, e anche a tornare a farlo ancora”.

La nuova fase prevede il coinvolgimento di 7 unità operative e di 5 regioni – Lazio, Lombardia, Campania, Puglia e Liguria. Grazie alla medicina territoriale e ai suoi ambulatori, pronto soccorsi, case antiviolenza, asl, le donne vittime di violenza relazionale o sessuale saranno informate sulla possibilità di donare un loro campione biologico e di tornare per valutare nel tempo la possibile variazione epigenomica attraverso la raccolta di più campioni, per intercettare in ognuna di loro il prima possibile gli eventuali danni di salute intervenendo a livello multidisciplinare e integrato per prevenirli.

L’obiettivo è quello di riuscire a coinvolgere il maggior numero possibile di donne con prelievi di sangue almeno per 18 mesi, per 4 prelievi in totale, uno ogni sei mesi. Al momento del prelievo, e nei richiami del follow-up, i campioni biologici saranno corredati con una serie di dati sul benessere psicofisico, con particolare riguardo alle patologie stress-correlate.

Per la raccolta di dati è stata sviluppata una scheda informatica ad hoc, che consiste di 4 domande di contesto, 5 domande per indagare il rischio di recidiva violenta, quindi un questionario di 18 domande per individuare un’eventuale sindrome da stress post traumatico.

“Quello che stiamo dimostrando a livello territoriale – riprende Gaudi – è che la violenza influisce sulla salute del genoma in un modo tale che i suoi effetti a volte si manifestano 10-20 anni dopo. Questo ci dicono i dati. Ma a noi vogliamo dare supporti molecolari a questi dati, in modo tale che analizzando tutto il profilo dell’epigenoma nel tempo saremo in grado di dire che quella donna potrebbe avere un maggiore suscettibilità a sviluppare un tumore all’ovaio o una malattia cardiovascolare o una patologia autoimmune”.

Il filmato che invita le donne a partecipare allo studio multicentrico è prodotto da Iss e verrà diffuso nei contesti di arruolamento delle donne nello studio (asl, medici di famiglia…) ma anche nei punti di incontro del tessuto cittadino (librerie, supermercati…) per sensibilizzare tutte, non solo quelle che hanno subito violenza, a contribuire alla ricerca che limita i danni sul lungo periodo della piaga della violenza.

Per maggiori informazioni e per partecipare allo studio è disponibile l’indirizzo mail epi_win@iss.it

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