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Uno studio pubblicato su JAHA ha esplorato l’impatto della rianimazione cardiopolmonare extracorporea (ECPR) e delle procedure di riperfusione sull’ottenimento di un ritmo organizzato (ritmo cardiaco regolare e coordinato) in pazienti con arresto cardiaco refrattario. L’obiettivo principale era capire come l’uso dell’ossigenazione extracorporea a membrana (ECMO) e le successive angiografie coronariche, spesso seguite da interventi coronarici percutanei (PCI), influiscano sulla riorganizzazione del ritmo cardiaco e sulla sopravvivenza funzionale.
Lo studio ha coinvolto 289 pazienti consecutivi con arresto cardiaco refrattario trattati con ECMO e sottoposti a coronarografia, di cui 165 hanno eseguito anche un PCI. I pazienti sono stati classificati in base al momento in cui è stato raggiunto un ritmo organizzato: prima dell’arrivo in ospedale (51% dei casi), dopo la cannulazione ECMO ma prima del PCI (30%), oppure dopo il PCI (13%). Dei 192 pazienti con malattia coronarica ostruttiva, il 75% ha ripristinato un ritmo organizzato prima del PCI, mentre il 19% solo dopo il PCI.
L’analisi ha evidenziato che i pazienti con malattia coronarica ostruttiva che hanno ottenuto un ritmo organizzato prima del PCI avevano una probabilità significativamente maggiore di sopravvivenza con un esito neurologico favorevole, definito da un punteggio nella Categoria di Performance Cerebrale di 1 o 2 (odds ratio 3.9, p=0.024).
In conclusione, lo studio ha sottolineato che il raggiungimento di un ritmo organizzato prima del PCI è un fattore cruciale per una sopravvivenza con esiti neurologici positivi, indipendentemente dall’entità della malattia coronarica. Questo suggerisce che, nei pazienti con arresto cardiaco refrattario, l’ECMO e la rianimazione tempestiva giocano un ruolo centrale nel migliorare le prospettive di recupero funzionale.
Fonte: J Am Heart Assoc. 2024
https://www.ahajournals.org/doi/10.1161/JAHA.123.033907
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