Dove si nasce in Italia. Il 90% dei parti negli ospedali pubblici

Ma si fanno sempre meno figli e sono ancora troppi i cesarei. Il Rapporto Cedap

Un sistema nel complesso solido e caratterizzato da buona qualità dei dati, con differenze territoriali, ricorso ancora eccessivo al taglio cesareo e significative disparità socio-sanitarie tra madri italiane e straniere.

Con 349 punti nascita monitorati è questa la fotografia dell’evento nascita scattata dal Rapporto Cedap  2024 che analizza attività, caratteristiche delle madri, percorsi assistenziali e condizioni dei neonati.

Gli scenari

Nascite in caduta libera: l’Italia fa sempre meno figli e il divario Nord-Sud si allarga Nel 2024 il calo delle nascite non accenna a fermarsi. Anzi, continua in modo uniforme in tutte le aree del Paese, confermando una tendenza ormai strutturale. Alla base del fenomeno c’è una popolazione femminile sempre più anziana e meno numerosa nelle fasce fertili, ma anche una progressiva riduzione della propensione ad avere figli. Per anni le cittadine straniere hanno sostenuto l’equilibrio demografico, ma anche la loro fecondità sta diminuendo: un campanello d’allarme che rende ancora più evidente la crisi del ricambio generazionale.

Nascite al minimo storico: Bolzano resiste, Sardegna in crisi Nel 2024 il tasso di natalità italiano si ferma a 6,3 nati ogni mille donne in età fertile. Ma la media nasconde enormi differenze territoriali: si va dai soli 4,5 nati per mille della Sardegna – fanalino di coda assoluto – fino agli 8,4 della Provincia autonoma di Bolzano, da sempre la più prolifica del Paese. Le Regioni del Centro risultano tutte sotto la media nazionale, mentre nel Sud emergono le “resistenze” di Campania, Calabria e Sicilia, che mostrano tassi più alti rispetto al resto d’Italia.

Italiane e straniere: fecondità in picchiata per entrambe Il numero medio di figli per donna resta bassissimo: 1,18 nel 2024, un valore ben lontano dal 2,1 necessario per garantire il ricambio generazionale e inferiore anche al già ridimensionato 1,42 registrato nel 2012.
Le aree con maggiore fecondità sono il Nord – soprattutto le Province autonome di Trento e Bolzano – e due Regioni del Mezzogiorno: Campania e Sicilia. Sardegna e Molise sono invece le terre con la fecondità più bassa d’Italia, confermando un declino ormai radicato.

Mortalità infantile ancora in calo, ma il miglioramento rallenta

Sul fronte della salute neonatale, i dati più recenti disponibili, relativi al 2022, mostrano un tasso di mortalità infantile pari a 2,5 bambini ogni mille nati vivi. Una cifra che segue la tendenza al ribasso dell’ultimo decennio, sebbene negli anni più recenti si stia registrando un rallentamento del miglioramento. Anche in questo caso il territorio fa la differenza: la riduzione della mortalità non è omogenea e permangono divari regionali significativi.

Il primo mese di vita resta il più delicato La mortalità neonatale – ovvero quella entro il primo mese dalla nascita –  rappresenta oltre il 75% di tutta la mortalità infantile. Si tratta di decessi in gran parte legati a cause endogene: complicazioni della gravidanza, problemi insorti durante il parto o malformazioni congenite. Diverso il quadro del periodo post-neonatale, dove entrano in gioco fattori esogeni: condizioni igieniche, qualità dell’ambiente familiare, contesto socioeconomico in cui madre e bambino vivono.

Distribuzione dei parti e dimensione delle strutture

Il 90,7% dei parti avviene negli ospedali pubblici o equiparati, il 9,1% nelle case di cura e solo lo 0,12% altrove. Oltre il 60% dei parti si concentra in strutture con almeno mille parti l’anno, mentre l’8,6% avviene in punti nascita con meno di 500 parti annui. naturalmente nelle Regioni in cui è rilevante la presenza di strutture private accreditate rispetto alle pubbliche, le percentuali sono sostanzialmente diverse.

distribuzioni regionali per classi dei parti

In ogni caso le distribuzioni regionali per classi dei parti e per classi dei punti nascita evidenziano situazioni diversificate Nel 2024 in 3 Regioni, tutte collocate al Centro-Nord del Paese, oltre il 70% dei parti si è svolto in punti nascita di grandi dimensioni (almeno mille parti annui): Lombardia, Emilia-Romagna e Lazio.

Scenari opposti nelle Regioni del Sud dove oltre il 37% dei parti si svolge in punti nascita con meno di mille parti annui. In particolare, in Molise tutti i punti nascita hanno effettuato nel 2024 meno di mille parti annui.

distribuzione regionale dei parti

Per quanto riguarda le Unità di Terapia Intensiva Neonatale (TIN) e le Unità Operative di Neonatologia (UON),  le primo sono presenti in 116 dei 385 punti nascita sotto la lente; 94 Unità TIN sono collocate nell’ambito dei 125 punti nascita con almeno mille parti annui. Delle restanti 22 UOTIN, 10 sono collocate in punti nascita che effettuano meno di 800 parti annui. Le Unità Operative di Neonatologia sono presenti in 229 punti nascita di cui 108 svolgono più di mille parti annui.

Ogni 100 parti si registrano 6,11 parti pre-termine. Nei punti nascita con meno di 500 parti all’anno, la frequenza dei parti pre-termine raggiunge il 3,4%, di questi il 2,36% è costituito da parti molto pre-termine e l’1,23% è costituito da parti estremamente pre-termine. Nei punti nascita con meno di 500 parti e senza la presenza di Unità Operativa di Neonatologia e/o Terapia intensiva neonatale le percentuali sono, rispettivamente 1,79%, 1,70% e 0,94%.

Le caratteristiche delle madri

Madri straniere: presenza significativa e concentrata al Centro-Nord  Nel 2024 il 20,5% dei parti riguarda madri non italiane, con punte oltre il 31% in Emilia-Romagna, Liguria e Marche. Le principali aree di provenienza sono Africa (30,9%), Unione Europea (16,6%), Asia (21,7%) e Sud America (8,2%).

Età materna: italiane più anziane, straniere più giovani  L’età media delle madri italiane è 33,3 anni (34 la mediana), mentre per le straniere scende a 31,3 anni (mediana 31,6). Al primo figlio le italiane superano quasi ovunque i 31 anni; le straniere vi arrivano in media a 29,4.

Livello di istruzione e condizione professionale Il 41,5% delle madri ha una scolarità medio-alta e il 36,6% è laureata. Tra le straniere prevale invece una scolarità medio-bassa (40,9%).
Sul fronte occupazionale, il 62,4% delle donne ha un lavoro, il 26,3% è casalinga e il 15,4% è disoccupata. Tra le straniere la quota di casalinghe sale al 50,5%.

La gravidanza

A livello nazionale, nel 93,7% dei casi le donne effettuano almeno quattro visite di controllo, e nel 77,1% più di tre ecografie, mentre lo 0,4% non ne registra alcuna. Il ritardo della prima visita (oltre l’11ª settimana), indicatore usato a livello internazionale, è più frequente tra straniere (9,8%), donne con bassa scolarità (10%) e madri under 20 (12,3%). Le italiane presentano percentuali molto più basse (1,7%).
Lo stato civile non influisce sui tempi dei controlli e il decorso della gravidanza non modifica la loro numerosità.

Per quanto riguarda le ecografie, nel 2024 si registra una media di 5,8 ecografie per parto, con forti differenze regionali (da 4,0 a 7,9). Nel 77,1% delle gravidanze si superano le 3 ecografie raccomandate, segno di sovrautilizzo diagnostico. Anche in questo caso, il decorso della gravidanza non è correlato al numero di esami.

Tra le tecniche prenatali, l’amniocentesi è la più utilizzata (1,8 ogni 100 parti), con valori più elevati in Umbria, Liguria e Piemonte. Tra le donne over 40, l’esame è stato effettuato nel 4,5% dei casi, in diminuzione negli ultimi tre anni.

Il parto: presenza dei partner e ricorso al cesareo

Nel 94,7% dei parti vaginali è presente il padre; nel 4,4% un altro familiare. Resta elevato il ricorso al taglio cesareo: nel 2024 riguarda il 29,8% dei parti, nonostante una tendenza alla diminuzione. Nelle case di cura accreditate il tasso sale al 44,9%, mentre negli ospedali pubblici è del 28,3%. Le italiane ricorrono al cesareo più delle straniere (30,4% contro 27,2%). Nei punti nascita con meno di 500 parti annui, l’incidenza di parti cesarei è maggiore di quella che si osserva mediamente a livello nazionale (31,17% rispetto a 29,81%). Un fenomeno, si sottolinea nel Rapporto, correlato anche alla maggiore concentrazione di strutture private nelle classi dei punti nascita di dimensioni ridotte.

L’analisi relativa ai professionisti sanitari presenti al momento del parto non esclude i parti cesarei. Oltre all’ostetrica (96,27%) al momento del parto sono presenti: nell’87,30% dei casi il ginecologo, nel 45,42% l’anestesista e nel 68,81% il pediatra/neonatologo.

tabella con percentuale dei parti cesarei

Peso, salute del neonato e malformazioni Pma, Fivet e Icsi Tecniche di Procreazione medicalmente assistita 

La classificazione di Robson e la variabilità regionale

L’89,5% dei parti (326.113 casi) è stato classificato secondo la metodologia di Robson. Le classi più numerose sono la 1 (primipare a termine con presentazione cefalica) e la 3 (pluripare a termine, presentazione cefalica e nessun precedente cesareo), che insieme rappresentano il 47,4% dei casi. La classe 5 – donne con un precedente cesareo – incide per l’11,9% dei parti totali. Diverse Regioni mostrano livelli molto variabili di ricorso al taglio cesareo nelle classi a minor rischio, segnalando ampi margini di miglioramento organizzativo e clinico.

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