Tumori. Stabili i numeri del cancro in Italia, nel 2024 stimati 390.100 nuovi casi
Buone notizie sul fronte del cancro, nel 2024 le diagnosi sono stabili rispetto al biennio precedente e il […]
L’Italia si conferma come il Paese che realizza il maggior numero assoluto di trapianti di fegato in tutta Europa. Con un trend in costante aumento: si passa dai 7-800 dei primi anni 2000 agli oltre 1.200 del 2019, con l’inevitabile, anche se contenuta, flessione del 2020 a causa della pandemia. Nel 2022 (anno non ancora incluso nelle analisi sulla qualità) gli interventi sono stati addirittura 1.474.
Soprattutto migliorano i dati di sopravvivenza: dal 2000 al 2020 è aumentata del 10% nei pazienti adulti (dal 2014-2020 la sopravvivenza è del 89,5% a 1 anno e supera il 90% nel 2020). Molto positivi i dati nei pazienti pediatrici: la sopravvivenza a 1 anno era già mediamente superiore al 90% e negli ultimi anni è salita al 92.2%, e supera il 90% anche a 5 anni dal trapianto.
È invece ancora limitato il contributo dei trapianti da vivente, pari all’1,6% del totale degli interventi effettuati negli ultimi 20 anni: dei circa 400 realizzati, un quarto ha riguardato pazienti pediatrici.
Questi alcuni dei dati emersi dalla nuova edizione del Rapporto di valutazione della qualità dell’attività di trapianto di fegato in Italia realizzato dall’area Sistema informativo e di elaborazione dati del Centro nazionale trapianti. Il Report prende in esame oltre 24mila trapianti di fegato effettuati in Italia tra il 2000 e il 2020 e si articola in tre sezioni: analisi delle lista d’attesa, descrizione dell’attività di trapianto svolta dai diversi centri italiani e valutazione degli esiti. Due focus specifici sono stati dedicati rispettivamente alla popolazione pediatrica e alla descrizione dell’effetto della pandemia da Sars-Cov-2 e l’utilizzo del vaccino nei trapianti di fegato. Dopo il documento sul fegato e quello sul polmone (pubblicato lo scorso anno) saranno disponibili nei prossimi mesi anche i rapporti sui trapianti di cuore e rene
Vediamo cosa è emerso.
Crescono le percentuali di sopravvivenza. Quella osservata nell’intera casistica 2000-2020 nei pazienti adulti a 1 anno dal trapianto è pari all’87,2%, mentre a 5 anni è del 75,8%; ma se si prende in considerazione il più recente periodo 2014-2020 la sopravvivenza sale a 89,5% a 1 anno e supera il 90% nel 2020, oltre 10 punti percentuali in più di quella osservata nel 2000. Molto positivi anche i dati riguardanti i pazienti pediatrici: la sopravvivenza a 1 anno era già mediamente superiore al 90% e negli ultimi anni è salita al 92.2%, e supera il 90% anche a 5 anni dal trapianto.
Dal punto di vista chirurgico, l’8,4% dei trapianti è stato realizzato con la tecnica dello split-liver, che permette di dividere l’organo in due porzioni e trapiantarlo in due diversi pazienti.
Per quanto riguarda i tempi d’attesa, l’analisi ha evidenziato una probabilità del 52% di arrivare al trapianto entro i sei mesi dall’iscrizione in lista, con un miglioramento del 10% circa se si confrontano i due periodi 2002-2013 e 2014-2020. Nel secondo periodo è stata osservata anche una riduzione della mortalità in lista d’attesa, che a 2 anni dall’iscrizione passa dal 16,2% al 12,2%. Nel complesso, viene confermato il cambiamento notevole che riguarda le indicazioni al trapianto, con una riduzione delle iscrizioni in lista a causa delle cirrosi epatiche (un tempo patologia prevalente) a favore degli epatocarcinomi, che vedono sempre più nel trapianto una terapia risolutiva.
È avanzata l’età media dei donatori deceduti: quasi il 50% aveva più di 60 anni al momento della morte, e il 26% era addirittura ultrasettantenne. La capacità di utilizzo in sicurezza dei fegati di donatori anziani, sottolinea il Cnt, è uno dei punti di forza della rete trapiantologica italiana che nel 2022 ha realizzato con successo il primo prelievo di organo al mondo da donatrice ultracentenaria, una donna deceduta a 100 anni, 10 mesi e 1 giorno.
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