Altro che Dottor Kildare, Dottor House, se nell’immaginario collettivo, corroborato da esempi letterari, cinematografici e di fiction, a indossare il camice bianco è quasi sempre un uomo, almeno in Italia, la realtà è diversa e i medici sono ormai in maggioranza donne. Un’onda rosa inarrestabile che avanza anche nelle specialità mediche da sempre di appannaggio del mondo maschile.
Dei 329.263 medici con meno di 69 anni, e quindi potenzialmente in attività nel Servizio sanitario nazionale, il 52% ossia 170,686 sono donne. Le donne sono la netta maggioranza in tutte le fasce di età sotto i 55 anni: tra i 40 e i 44 anni sono quasi il doppio dei colleghi uomini. Tra gli over 55 la tendenza si inverte, con una sostanziale parità sino ai 59 anni e con una netta maggioranza maschile al di sopra dei 60 anni, dove il gap a favore degli uomini si allarga al crescere dell’età. Tanto che, se guardiamo il totale di tutti i medici iscritti agli albi, compresi coloro che non esercitano più la professione, in vantaggio sono, invece, ancora gli uomini: 221.584 contro 188.355 medici donna, il 54% del totale.
A confermare l’avanzata inarrestabile sono i dati elaborati anche quest’anno, in occasione dell’8 marzo, dal Ced della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri.
In questo scenario fanno però eccezione gli Odontoiatri: la maggioranza sono uomini: 45696, contro 18513 professioniste. Ma attenzione, anche in questo caso se guardiamo alle fasce più giovani, siamo quasi in parità: tra i 25 e i 29 anni sono 1.615 gli uomini, 1540 le donne.
Tra le specialità mediche a netta prevalenza femminile troviamo ancora le “tradizionali” ginecologia e pediatria. Ma c’è anche qualche “sorpresa”: nella fascia tra i 30 e i 50 anni, ad esempio, le anestesiste rianimatrici sono 2.667, a fronte di 1.720 colleghi uomini. Le chirurghe pediatriche, nella stessa fascia, sono il doppio dei colleghi (120 contro 62); in crescita anche, tra le generazioni più giovani, le chirurghe generali, 919 verso 1.238 uomini, plastiche, toraciche, vascolari, anche se gli uomini sono sempre la maggioranza.
Sempre nella stessa fascia 30-50, le cardiochirurghe sono 136 contro 261 uomini; il rapporto si inverte se guardiamo alla cardiologia, specialità ‘al femminile’ con 1.622 professioniste e 1.431 dottori. Una vera e propria carica è quella delle giovani geriatre, 1.029 a fronte di 331 colleghi coetanei, delle fisiatre under 50, 898 contro 484 uomini, delle interniste, 1.690 verso 938, delle neuropsichiatre infantili, 777 a 113, delle reumatologhe, 414 verso 160. Anche le oncologhe, sempre considerando la stessa fascia d’età, doppiano i colleghi maschi, essendo rispettivamente 769 e 312, e così le infettivologhe, 364 e 155. Specialità a prevalenza maschile, anche tra i più giovani, restano ortopedia, urologia, neurochirurgia.
“Nel nostro Servizio sanitario nazionale le colleghe sono ormai la maggioranza – commenta il Presidente della Fnomceo, Filippo Anelli – soprattutto nelle fasce di età più giovani. I modelli organizzativi, gli orari di lavoro devono sempre più tener conto di questa realtà. Non è accettabile, ad esempio, che, come rilevava lo scorso anno un sondaggio del sindacato Cimo-Fesmed condotto su un campione di 1.415 dottoresse, il 75% delle assenze per maternità non venga coperto. Questo significa che ogni gravidanza va irrimediabilmente a pesare sulle spalle dei colleghi che rimangono in servizio, che oltre a doversi occupare di un carico di lavoro già estenuante, devono colmare il vuoto lasciato dalla collega legittimamente a casa. Questo innesca un circolo vizioso fatto di sensi di colpa, di discriminazioni, di carriere bloccate”.
Occorre, ancora una volta valorizzare i professionisti, conclude Anelli: “Bisogna prevedere modelli organizzativi che permettano a uomini e donne di conciliare i tempi di lavoro con quelli della vita privata e della famiglia. Occorre, infine, investire sulla sicurezza. Il 12 marzo celebreremo la Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e sociosanitari. A Bari presenteremo i risultati di una survey condotta su 700 medici che dimostra, ancora una volta, come i medici non si sentano e non siano al sicuro”.