Vitamina D ad alte dosi non influenza l’incidenza di diabete di tipo 2
L’assunzione di vitamina D a dosi significativamente più alte di quelle raccomandate non influenza l’incidenza del diabete di tipo 2 […]
Secondo uno studio pubblicato sull’European Journal of Preventive Cardiology, esiste un’associazione non lineare, a forma di U, tra i livelli basali di acidi grassi liberi e la mortalità o gli eventi ischemici nei pazienti con coronaropatia e diabete di tipo 2.
“Sappiamo che l’aumento dei livelli di acidi grassi liberi (FFA) è fortemente associato alla mortalità nei pazienti con malattia coronarica e allo sviluppo del diabete di tipo 2 (T2DM). Tuttavia, pochi studi sono stati sufficientemente ampi per esaminare con precisione la relazione tra i livelli di acidi grassi liberi e la mortalità in questa popolazione” spiega Ying Pan, dello Xinjiang Medical University Affiliated First Hospital, Urumqi, Cina, primo nome dello studio.
I ricercatori hanno valutato i dati di 10.395 pazienti con coronaropatia arruolati in PRACTICE, uno studio prospettico di coorte in Cina. Gli esperti hanno diviso i partecipanti in quattro gruppi in base alla concentrazione di acidi grassi liberi al basale, e hanno studiato la mortalità per tutte le cause (ACM) e la mortalità cardiaca (CM) come endpoint primario. Gli endpoint secondari erano i principali eventi avversi cardiovascolari e cerebrovascolari (MACCE) e i principali eventi avversi cardiovascolari (MACE). Il tempo medio di follow-up è stato di 24 mesi.
Nella coorte sono stati registrati 222 casi di mortalità per tutte le cause, 164 di mortalità cardiaca, 718 MACE e 803 MACCE. Dopo aver controllato le variabili confondenti al basale, l’associazione tra i livelli di acidi grassi liberi e il rischio di mortalità ha presentato una curva a forma di U non lineare, e il rischio più basso è stato rilevato a 310 µmol/L. Gli autori hanno anche identificato una relazione a forma di U non lineare per gli eventi ischemici (MACE o MACCE), e in questo casi il rischio più basso si è attestato a 500 µmol/L. L’analisi dei sottogruppi ha mostrato che questa relazione era presente solo nei soggetti con coronaropatia e diabete di tipo 2.
Fonte: Eur J Prev Cardiol. 2023
https://academic.oup.com/eurjpc/advance-article/doi/10.1093/eurjpc/zwad073/7076426
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