Milleproroghe. Arriva scudo penale per i medici e possibilità di restare in servizio fino a 72 anni
22.01.2024 | Quotidiano Sanità
Arrivano nel decreto Milleproroghe lo scudo penale e la possibilità per i medici di restare in servizio fino a 72 anni. Sono due tra gli emendamenti al decreto in discussione alla Camera, oltre a quello sul finanziamento da 10 mln per il Fondo sui disturbi alimentari annunciato dal Ministro Schillaci, che riguardano la sanità.
Lo scudo penale proteggerà i camici bianchi fino al 31 dicembre 2024 dalle cause penali per colpa lieve ma anche da quelle per errori gravi quando si lavora in condizioni di difficoltà per carenza di personale fermo restando per gli assistiti la possibilità di ricorre al processo civile per ottenere il risarcimento. In sostanza, con motivazioni divere, la riproposizione della norma del 2021 adottata per l’emergenza pandemica. “Nelle more della revisione della disciplina sulla responsabilità degli esercenti le professioni sanitarie – si legge nell’emendamento – di cui alla legge 8 marzo 2017 n. 24 la limitazione della punibilità ai soli casi di colpa grave prevista dall’articolo 3-bis del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 2021, n. 44, continua ad applicarsi fino al 31 dicembre 2024 per i fatti di cui agli articoli 589 e 590 del codice penale, commessi nell’esercizio di una professione sanitaria, in considerazione della contingente situazione di grave carenza di personale”.
Una soluzione tampone in attesa della riforma sulla responsabilità su cui in primavera dovrebbe chiudere i lavori un tavolo ad hoc presso il Ministero della Giustizia. Obiettivo della riforma sarà quello di rafforzare lo strumento della conciliazione e al contempo limitare l’accesso al processo penale solo nei casi di dolo.
Ma dalla maggioranza arriva anche un nuovo tentativo sul pensionamento volontario dei medici fino a 72 anni dei medici (oggi possono restare in servizio al massimo fino a 70 anni”. La norma non piace ai sindacati dei medici ma la nuova versione del testo potrebbe però superare almeno in parte le loro resistenze. Questo perché nella proposta di modifica a firma Luciano Ciocchetti (FdI) si propone, fino al 31 dicembre 2025, sì la possibilità di proroga del pensionamento per due anni, ma con la “decadenza dell’incarico in essere e l’attribuzione di altro incarico di natura professionale, ferme restando le funzioni assistenziali e tecniche derivanti dalle specifiche competenze”. Questi medici potrebbero quindi solo svolgere la funzione di tutor dei giovani specializzandi utilizzati in corsia, oltre prestare assistenza, ma senza conservare il ruolo di primario per chi ha quel ruolo al momento della pensione.
Critica sullo scudo Cittadinanzattiva, che per bocca della rappresentante dell’associazione al tavolo tecnico a Largo Arenula, Valeria Fava, parla di “intervento a gamba tesa”, giudicando “eccessiva l’esclusione dalla sfera penale di qualsiasi caso di colpa grave, quando c’è invece da lavorare per rafforzare le misure di prevenzione del contezioso ed estendere la copertura assicurativa di Asl e ospedali” che secondo una rilevazione dell’Agenas solo nel 50% dei casi hanno stipulato polizze assicurative, per di più con franchigie che vanno dai 250 ai 500mila euro.
I camici bianchi dal canto loro plaudono allo scudo, che per i medici internisti ospedalieri di Fadoi può porre un freno alle cause temerarie. “Quelle che da un lato generano uno spreco quantificato in 13 miliardi di euro tra medicina difensiva e costi assicurativi e che dall’altro sono uno dei fattori che spingono quasi il 40% dei medici a lasciare il pubblico e uno su dieci a cambiare mestiere, come documentato da una nostra recente indagine”, afferma il Presidente della Federazione degli internisti, Francesco Dentali.
“E’ bene ricordare -aggiunge- che oggi il 97% delle cause si conclude con un nulla di fatto, ma questa pressione alimentata ad arte dai professionisti del contenzioso sanitario genera una ulteriore indebita pressione sui medici, già costretti a lavorare in condizioni precarie per carenze di organico e di attrezzature adeguate”. Sono invece tre le richieste degli internisti, condivise anche dagli altri camici bianchi, per la riforma della legge sulla colpa medica: l’obbligo di assicurazione per le Aziende sanitarie che ancora nel 50% dei casi si affidano alla autotutela, confidando su accantonamenti di bilancio risultati essere troppe volte insufficienti a fronteggiare le richieste di risarcimento; il rafforzamento dell’istituto della conciliazione; la previsione di sanzioni anche per chi si avventura in cause temerarie, che ostacolano comunque un sereno esercizio della professione, facendo al contempo lievitare i costi assicurativi”.