Intelligenza artificiale applicata alla telemedicina: le prospettive nel medio e lungo termine

Per funzionare al meglio, telemedicina, fascicolo sanitario ed ecosistema dei dati sanitari richiederanno l’implementazione di sistemi basati sull’intelligenza artificiale. Lo sottolinea Sergio Pillon, vicepresidente e responsabile relazioni istituzionali di Aisdet (Associazione Italiana della Sanità Digitale e Telemedicina), che in un’intervista descrive in che modo l’intelligenza artificiale potrà dare supporto alla pratica clinica, nel medio e nel lungo periodo.
In che modo l’intelligenza artificiale trasformerà la pratica clinica?
Oggi, quando si pensa all’Intelligenza artificiale, si pensa a sistemi come chatGPT che, interrogati dalle persone in merito a determinati disturbi, danno una serie di risposte. Per quanto il sistema stesso sottolinei che non è un medico, alla fine elenca i vari rimedi, ma la cosa grave è che non chiede quanti anni ha il paziente, se è maschio o femmina, quanto pesa, che medicine assume o che allergie ha. Ovviamente, non è questa l’intelligenza artificiale che sarà applicata alla pratica clinica nel prossimo futuro.
Quella che sta arrivando è prima di tutto un’intelligenza artificiale di supporto al medico nella diagnosi, con sistemi in grado, per esempio, di analizzare tre anni di esami fatti da un paziente e dire se la persona è a rischio di sviluppare nel medio e lungo periodo determinate patologie. Tutto questo prendendo in considerazione parametri come età, sesso e fattori di rischio, per guidare le persone verso un determinato percorso diagnostico. Quindi l’intelligenza artificiale, che per funzionare ha bisogno dei dati, sarà uno strumento di grande supporto alla diagnosi.
Quali altre applicazioni vede utili nel futuro?
L’intelligenza artificiale può anche automatizzare tanto lavoro burocratico. Oggi, i medici svolgono lavori burocratici fino al 60% del loro tempo. Anche con la ricetta elettronica, il medico deve entrare nel sistema ed inserire i dati: l’intelligenza artificiale può automatizzare moltissimi processi, inclusa la stesura di un programma terapeutico, che poi sarà il medico, chiaramente, a rivedere, perché la proposta di legge sulla intelligenza artificiale in ambito sanitario – una proposta che è già avanti nell’iter parlamentare – dice che in sanità, anche se si utilizzano sistemi basati sull’IA, il giudizio del medico è “imprescindibile”.
Un’altra applicazione è per dare priorità a determinati pazienti nell’accedere a specifiche prestazioni. Si pensi, ad esempio, a un medico di medicina generale che ha del tempo e delle risorse a disposizione e deve decidere a quali pazienti dare priorità, tra i suoi assistiti. In questi casi, l’intelligenza artificiale può intervenire individuando le persone più a rischio, alle quali dare priorità negli appuntamenti. Anche nell’interazione con il paziente, l’intelligenza artificiale può accelerare e rendere più efficiente il percorso di individuazione dei sintomi, anche se la persona va sempre accuratamente visitata, prescrivendo esami adeguati.
Quanto tempo ci vorrà per implementare con efficacia l’IA e cosa si prevede nel lungo periodo?
L’intelligenza artificiale è come un giovane assistente che ha letto le ultime pubblicazioni, le ultime linee guida, gli aggiornamenti sui farmaci, e quando viene interrogato ricorda e conosce tutto. A differenza dei comuni motori di ricerca, che fanno ricerche in base al testo, l’intelligenza artificiale è uno strumento che in sanità sarà indispensabile, perché apprende dai dati immessi. Affinché lavori a regime, però, ha bisogno delle informazioni, quindi prima devono entrare in funzione telemedicina e fascicolo sanitario elettronico. Una volta attivati questi sistemi, l’intelligenza artificiale avrà bisogno di uno storico di almeno tre/quattro anni di dati: solo allora si inizieranno a vedere i risultati dell’applicazione dell’intelligenza artificiale, almeno sulle diagnosi, mentre per il supporto all’organizzazione dell’attività clinica, i risultati inizieranno ad arrivare prima.
Nel lungo periodo, invece, bisogna considerare che la medicina sta diventando sempre più complessa e quindi bisogna che il sistema si riorganizzi. Il modello che abbiamo oggi sarà difficilmente sostenibile nel lungo periodo e al posto degli ospedali, la casa deve diventare il luogo di cura del paziente. Il punto chiave, in questo scenario, non è avere più medici o più infermieri, ma arrivare a un’organizzazione che renda il lavoro dei medici più efficiente e il digitale, in questo, aiuterà.