Sviluppo della telemedicina in Italia, a che punto siamo?
Il 2025, con l’arrivo dell’infrastruttura regionale e del Fascicolo Sanitario Elettronico 2.0, sarà l’anno di svolta della telemedicina in Italia. Ne parliamo con Sergio Pillon, vicepresidente e responsabile Relazioni Istituzionali di AISDeT (Associazione Italiana della Sanità Digitale e Telemedicina).
In Italia, come è stata definita la telemedicina?
La Corte di Cassazione italiana ha definito la Telemedicina l’atto medico in cui erogatore sanitario e paziente non sono nello stesso luogo e le azioni mediche sono eseguite a distanza. In Italia, la telemedicina comprende quattro tipologie: la televisita, in cui medico e paziente sono collegati tramite un sistema di confernce call; il teleconsulto, durante il quale si confrontano due medici, magari il medico di medicina generale e lo specialista, in presenza o meno del paziente; la teleassistenza, che è come la televisita, ma con un professionista sanitario non medico; il telemonitoraggio, durante il quale, attraverso dei dispositivi che trasmettono ad un centro, viene controllato lo stato di salute del paziente. Nell’ambito del telemonitoraggio, a volte si esegue il telecontrollo, che sarebbe la televisita di controllo. Queste tipologie sono descritte a livello di percorsi, modelli e responsabilità, in documenti pubblicati in Gazzetta Ufficiale tra il 2022 e il 2023. In Italia, dunque, è stato colmato il vuoto normativo con regole chiare, alle quali si sono aggiunti altri documenti che hanno affinato il quadro, anche se il caso singolo va sempre interpretato.
Come vengono erogate le prestazioni di telemedicina?
Con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), In Italia è in corso di implementazione la piattaforma nazionale di telemedicina, denominata Infrastruttura Regionale di Telemedicina (IRT), alla quale ha aderito la maggior parte delle regioni, anche se andrà adattata. È stato definito anche il sistema che raccoglierà tutti i dati sanitari da consultare nel corso delle visite in telemedicina, che sarà il Fascicolo Sanitario Elettronico (Fse), che già esisteva, ma era regionale, per cui non si poteva consultare da una regione all’altra e conteneva dati diversi da regione a regione. Il nuovo fascicolo (Fse 2.0) si accoppia all’IRT e si può consultare ovunque. Questi strumenti, che arriveranno entro il 2025, parleranno attraverso la Piattaforma Nazionale di Telemedicina (PNT). Tuttavia, per gli usi clinici, i dati devono essere organizzati, per cui è stato da poco approvato il decreto che definisce l’Ecosistema Dati Sanitari che, attraverso l’intelligenza artificiale e altri sistemi, permetterà al medico di estrarre le informazioni di interesse. Per avere un ecosistema in funzione, dunque, il primo step è l’attivazione del FSE 2.0. In parallelo o subito dopo sarà implementato l’Ecosistema, che attende il nullaosta del garante della privacy. A quel punto, il Profilo sanitario sintetico, che oggi fa il medico di base, sarà aggiornato con i risultati delle analisi fatte che vi confluiranno direttamente attraverso l’Ecosistema Dati Sanitari. È evidente, infatti, che la telemedicina migliora l’assistenza, ma senza dati si può fare poco.
A che punto siamo nello sviluppo e quali sono le criticità?
Tutto questo oggi è un progetto, tranne in alcune regioni virtuose dove questi sistemi erano attivi, per quanto parziali. In particolare, la televisita era partita durante il covid, mentre teleconsulto, telemonitoraggio e teleassistenza sono in fase di sperimentazione. Dal prossimo mese, invece, in base a quanto ha dichiarato Agenas, usciranno le tariffe e queste prestazioni potranno essere rimborsate e, dunque, eseguite in regime Ssn, mentre finora le televisite, rimborsabili solo in alcune regioni, rientravano nell’ambito di progetti sperimentali, per lo più a livello di singole Asl.
Tra le criticità, prima di tutto bisognerebbe chiarire quando è indicato fare una televisita e quando non lo è. Attualmente, infatti, non esistono linee guida, anche perché le indicazioni cambiano da persona a persona e da malattia a malattia. Mancano, poi, a livello di Piattaforma nazionale, alcune tipologie di telemedicina, come la telerefertazione. Inoltre, c’è bisogno di formazione, sia dei medici che dei pazienti, per far capire vantaggi, opportunità e limiti, così come c’è bisogno di formazione ai direttori generali delle aziende sanitarie, affinché sino pronti al cambiamento digitale. In ultimo, non è da sottovalutare che alcuni pazienti, soprattutto quelli anziani, hanno un gap digitale da colmare; magari non hanno lo Spid o non vi sanno accedere. Quindi, ci sono tanti dettagli a cui prestare attenzione, ma l’importante è iniziare.