Arteriopatia splenica nella sindrome di Ehlers Danlos vascolare, meglio l’embolizzazione

L’arteriopatia splenica nella sindrome di Ehlers Danlos vascolare (VEDS) è associata a varianti che hanno un impatto sulla struttura e sulla secrezione del collagene di tipo III e frequentemente si presentano con rotture. La conseguente riparazione con chirurgia aperta è associata ad elevati livelli di morbidità e mortalità, mentre l’embolizzazione è associata ad outcomes positivi. È quanto evidenziato da un team guidato da Sherene Shalhub, della Oregon Health & Science University di Protland (USA), e pubblicato sul Journal of Vascular Surgery, secondo il quale è consigliato un follow-up dei pazienti con la malattia rara, dal momento che si può verificare una arteriopatia splenica secondaria.

Il team, a partire da un’analisi cross-sectional di 1.547 individui, ha selezionato 88 pazienti con arteria splenica. Di questi, un terzo ha avuto una diagnosi di VEDS e il 17% ha avuto una diagnosi post morte. La maggioranza, il 61%, aveva una storia familiare e sempre una quota maggiore aveva varianti COL3A1 associate a minima produzione di collagene normale. Il follow-up medio è stato di 8,5 anni. La presentazione iniziale era a causa di una rottura, nel 47% dei casi. Una rottura dell’arteria splenica è stata evidenziata nel 51% dei partecipanti.

Inoltre, non sarebbero state osservate differenze tra le manifestazioni della VEDS e le varianti di COL3A1 e l’aneurisma dell’arteria splenica è stato evidenziato nel 39% dei casi. Il 38,6% dei pazienti è andato incontro a chirurgica, per un totale di 40 interventi, di cui 21 in aperto. E tra le complicanze dell’intervento di questo tipo c’erano la fistula arteriovenosa, danno intestinale o pancreatico e quattro decessi intraoperatori. Di contro, non ci sono state morti o complicanze al sito di accesso correlate all’embolizzazione dell’arteria splenica.

Fonte: J Vasc Surg 2023

https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0741521423010273

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