Controllo rigoroso dei fattori di rischio riduce il rischio cardiovascolare nei pazienti con CKD
Uno studio pubblicato sulla rivista Journal of the American College of Cardiology ha esaminato se il controllo rigoroso della pressione […]
Con i piani attuali per missioni umane su Marte e oltre, è sempre più importante comprendere, prevenire e contrastare gli effetti dannosi del volo spaziale di lunga durata sul corpo. Uno studio pubblicato sulla rivista PNAS ha utilizzato una piattaforma automatizzata “heart-on-a-chip” inviata alla Stazione Spaziale Internazionale per una missione di un mese, durante la quale la funzione cardiaca contrattile è stata monitorata in tempo reale.
Al ritorno sulla Terra, i tessuti cardiaci umani ingegnerizzati (EHT) sono stati ulteriormente analizzati con imaging ultrastrutturale e sequenziamento dell’RNA per investigare l’impatto della microgravità prolungata sulla funzione e salute dei cardiomiociti. Gli EHT esposti al volo spaziale hanno mostrato una riduzione significativa delle forze di contrazione, un aumento delle aritmie e segni di disgregazione dei sarcomeri e danni mitocondriali.
Le analisi trascrittomiche hanno rivelato una sovraregolazione dei geni e delle vie associate a disturbi metabolici, insufficienza cardiaca, stress ossidativo e infiammazione, mentre i geni legati alla contrattilità e alla segnalazione del calcio hanno mostrato una significativa sotto-regolazione. Infine, la modellazione in silico ha rivelato un potenziale legame tra stress ossidativo e disfunzione mitocondriale, in linea con i risultati del sequenziamento dell’RNA. Questo rappresenta un modello in vitro per riprodurre fedelmente gli effetti avversi del volo spaziale sui tessuti cardiaci ingegnerizzati tridimensionali (3D).
Fonte: PNAS
https://www.pnas.org/doi/10.1073/pnas.2404644121
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