Divario tra salute e longevità si allarga a livello globale
Uno studio pubblicato su JAMA Network evidenzia una crescente discrepanza tra la durata della vita (lifespan) e la durata della […]
Gli ftalati, una classe di sostanze chimiche derivate dalla plastica, possono insinuarsi negli alimenti ultraprocessati non solo attraverso gli imballaggi, ma anche attraverso i guanti indossati da chi manipola gli alimenti stessi. Entrando nella catena alimentare, queste sostanze mettono a rischio le donne in gravidanza perché possono attraversare la placenta ed entrare, così, nel flusso sanguigno fetale, causando stress ossidativo e infiammazione generalizzata.
A lanciare l’allarme è un team coordinato da Sheela Sathyanarayana, del Seattle Children’s Research Institute (USA), che ha pubblicato uno studio su Environmental International.
I ricercatori hanno estrapolato i dati dalla coorte Conditions Affecting Neurocognitive Development and Learning in Early Childhood (CANDLE), che comprendeva 1.031 donne in gravidanza. I livelli di ftalati sono stati misurati durante il secondo trimestre di gestazione. Dall’analisi è emerso che i cibi ultraprocessati rappresentavano dal 10 al 60% della dieta delle donne, per una media del 38,6% del regime dietetico. Inoltre, ogni 10% di ulteriore consumo di questi cibi è risultato corrispondente una concentrazione del 13% più alta di di(2-etilexil)ftalato, uno tra gli ftalati più comuni e dannosi.
Fonte: Environmental International 2024
https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0160412024000138?via%3Dihub
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