Lipoproteine ricche di trigliceridi: una sfida per la prevenzione delle malattie coronariche
Uno studio pubblicato sulla rivista Journal of the American College of Cardiology ha rivelato che le lipoproteine ricche di trigliceridi […]
I risultati di uno studio pubblicato sul British Journal of Nutrition suggeriscono l’esistenza di un’associazione tra la dieta e il comportamento alimentare nell’adolescenza e successivi disturbi ipertensivi della gravidanza. “Abbiamo voluto stimare le associazioni tra i modelli e le abitudini alimentari delle adolescenti con i disturbi ipertensivi della gravidanza (HDP) e la nascita pretermine. Per questo abbiamo utilizzato i dati di uno studio prospettico di coorte (Norwegian Young-HUNT1), in cui le informazioni sulla dieta sono state raccolte durante l’adolescenza e gli esiti della gravidanza sono stati ottenuti attraverso il collegamento dei dati al registro nazionale delle nascite norvegese” afferma Andrew Keith Wills, della University of Agder, Kristiansand, Norvegia, autore principale dello studio.
Gli esiti considerati erano disturbi ipertensivi della gravidanza, ipertensione, preeclampsia/eclampsia e parto pretermine nella prima gravidanza e in qualsiasi gravidanza. La dieta è stata auto-riferita tramite questionari validati, e le esposizioni erano indici dietetici (sano; malsano; frutta e verdura; indice di fibre) e abitudini alimentari. Il reclutamento è avvenuto nelle scuole, e sono state ritenute idonee donne di età compresa tra 13 e 19 anni al momento della valutazione della dieta con successiva gravidanza (n = 3.622).
Ebbene, i ricercatori hanno visto che le donne che hanno riferito un maggiore apporto di fibre durante l’adolescenza avevano un rischio inferiore di preeclampsia nella prima gravidanza. Le abitudini alimentari regolari nella prima adolescenza (13-15 anni), in particolare la colazione e il pranzo, erano debolmente associate a un minor rischio di ipertensione in gravidanza. “Saranno necessarie ulteriori prove da studi più ampi per replicare i risultati e comprendere meglio la causalità” concludono gli autori.
Fonte: Br J Nutr. 2024
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