Farmaci. Vola il consumo di antibiotici e impennata dei medicinali che fanno perdere peso
Consumo degli antibiotici in aumento, nonostante campagne e appelli a un loro uso consapevole per arginare il fenomeno […]
Le malattie cardiovascolari (CVD) rappresentano la principale causa di morte a livello globale, nonostante il controllo dei fattori di rischio tradizionali come ipertensione, diabete e colesterolo elevato. Anche con interventi mirati su questi aspetti, spesso resta un “rischio cardiovascolare residuo,” suggerendo la presenza di fattori non trattati che contribuiscono alla progressione delle CVD. Anche con interventi mirati su questi aspetti, spesso resta un “rischio cardiovascolare residuo,” suggerendo la presenza di fattori non trattati che contribuiscono alla progressione delle CVD. Una delle componenti più rilevanti di questo rischio è il “rischio infiammatorio residuo” (RIR), associato a infiammazione cronica e a livelli elevati di proteina C-reattiva ad alta sensibilità (hs-CRP). Questo fenomeno, conosciuto come “inflammaging,” è legato all’invecchiamento e contribuisce al rischio cardiovascolare residuo attraverso un’infiammazione di basso grado persistente che danneggia l’apparato cardiovascolare, come spiegano gli autori di un editoriale pubblicato dalla rivista Aging.
Gli autori notano come diversi biomarcatori, come la troponina cardiaca ad alta sensibilità (hs-cTn) e i peptidi natriuretici, siano oggi ampiamente utilizzati per valutare il rischio di scompenso cardiaco e altri eventi cardiovascolari. Questi marcatori possono indicare danno subclinico al cuore e fornire una valutazione prognostica a lungo termine anche in assenza di sintomi evidenti. Recenti studi dimostrano che livelli elevati di hs-cTn in individui sani sono predittivi di eventi cardiovascolari futuri e possono essere ridotti con interventi mirati, come l’uso di statine, esercizio fisico e controllo del peso.
Attualmente – scrivono – una sola azienda ha stabilito valori specifici per sesso per la hs-cTnI, utili per una migliore stratificazione del rischio. Questa categorizzazione identifica tre livelli di rischio: basso, moderato e alto, suggerendo che soggetti a rischio elevato possano beneficiare di trattamenti farmacologici e di ulteriori test diagnostici cardiologici, mentre quelli a rischio moderato potrebbero trarre vantaggio da intensivi cambiamenti dello stile di vita.
Oltre alla hs-cTn e ai peptidi natriuretici, la proteina solubile ST2 (sST2) è emersa come un indicatore prognostico di rischio di scompenso cardiaco e mortalità. Livelli elevati di sST2 riflettono lo stato di stress e infiammazione cronica, rendendolo un marcatore efficace per descrivere il contributo dell’inflammaging alla disfunzione cardiaca. Questo biomarcatore è particolarmente indicato per monitorare il deterioramento della funzione cardiaca e l’aumento del rischio di eventi cardiovascolari in soggetti con comorbidità come diabete di tipo 2.
La crescente disponibilità di immunoassay ad alta sensibilità ha reso possibile l’uso combinato di più biomarcatori, includendo hs-cTn, peptidi natriuretici e marcatori dell’infiammazione sistemica, per migliorare la valutazione del rischio cardiovascolare residuo. Tuttavia, uno degli ostacoli alla diffusione di tali marcatori è l’interpretazione di livelli elevati negli anziani, spesso visti come falsi positivi. Integrare questi biomarcatori nella prevenzione cardiovascolare primaria, analogamente a quanto si fa con la creatinina per la funzione renale, consentirebbe una gestione più mirata e tempestiva del rischio cardiovascolare.
Concludono osservando che la “fenotipizzazione multiomica” dell’invecchiamento ha evidenziato che gli organi invecchiano a velocità diverse, sottolineando l’importanza di monitorare biomarcatori specifici per il cuore in modo continuativo. Gli scienziati sostengono quindi che un approccio più ampio e approfondito che combini biomarcatori del rischio infiammatorio e indicatori di danno d’organo possa migliorare la comprensione del legame tra inflammaging e disfunzione cardiaca, offrendo una prevenzione cardiovascolare personalizzata e mirata alle necessità dei pazienti in età avanzata.
Fonte: Aging 2024
https://www.aging-us.com/article/206136/text
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