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Uno studio pubblicato su Nature Medicine ha evidenziato come il rischio cardiometabolico non sia sempre proporzionale all’indice di massa corporea (BMI), individuando sottogruppi di popolazione con marcatori di rischio superiori o inferiori rispetto a quanto previsto dal loro BMI. Queste differenze potrebbero favorire strategie di prevenzione personalizzate per malattie cardiometaboliche.
Utilizzando una tecnica di clustering non supervisionato su quattro coorti di popolazione europee (per un totale di circa 173.000 partecipanti), i ricercatori hanno identificato cinque profili discordanti che rappresentano circa il 20% della popolazione studiata. Tali profili descrivono individui con valori di biomarcatori cardiometabolici, come lipidi e glicemia, discordanti rispetto al proprio BMI. Per esempio, un individuo con un BMI elevato potrebbe presentare biomarcatori cardiometabolici meno elevati del previsto, oppure, al contrario, una persona con un BMI basso potrebbe comunque presentare biomarcatori ad alto rischio.
I risultati dimostrano che queste discrepanze nei biomarcatori influenzano significativamente il rischio di eventi cardiovascolari maggiori (MACE) e di diabete di tipo 2. In particolare, è emerso che una probabilità maggiore del 10% di presentare un profilo lipidico discordante comporta un rischio aumentato del 5% di sviluppare MACE, sia negli uomini che nelle donne. Tale associazione è stata quantificata con un hazard ratio di 1,05 per le donne (IC 95% 1,03-1,06, P = 4,19 × 10^−10) e 1,05 per gli uomini (IC 95% 1,04-1,06, P = 9,33 × 10^−14).
L’integrazione delle informazioni sui profili discordanti ha migliorato le performance dei modelli predittivi per MACE e diabete di tipo 2, permettendo una migliore individuazione dei soggetti a rischio. In termini di beneficio clinico, questo approccio ha comportato una media di 4-15 interventi corretti e l’evitamento di 37-135 interventi non necessari ogni 10.000 individui analizzati, contribuendo così a un uso più efficiente delle risorse in ambito preventivo e clinico.
Lo studio suggerisce che l’identificazione di profili cardiometabolici discordanti potrebbe rappresentare un passo importante verso una prevenzione più precisa delle malattie cardiometaboliche, permettendo ai medici di orientare meglio le strategie di intervento.
Fonte: Nat Med 2024
https://www.nature.com/articles/s41591-024-03299-7
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