Studio oncologico su pazienti dMMR affette da carcinoma dell’endometrio avanzato e ricorrente (EC)
La citoriduzione completa del carcinoma ovarico in pazienti sottoposte a chirurgia di intervallo (IDS o interval debulking surgery) effettuata tramite approccio mininvasivo ha mostrato una sopravvivenza globale simile a quella dell’intervento eseguito in laparotomia, oltre a una mortalità postoperatoria ridotta, secondo uno studio pubblicato sul Journal of Clinical Medicine.
“Il carcinoma ovarico epiteliale avanzato (EOC) viene abitualmente trattato con un intervento di debulking (citoriduzione) primario; tuttavia, recenti studi di fase III hanno dimostrato risultati di sopravvivenza simili per le pazienti randomizzate a chemioterapia neoadiuvante seguita da interval debulking surgery (IDS) rispetto alle pazienti sottoposte a surgery primario. L’interval debulking surgery può essere effettuata in chirurgia mininvasiva o in laparotomia, ma questo discorso non è stato ben approfondito” spiega Judy Hayek, della SUNY Downstate Health Sciences University, Brooklyn, New York, USA, autrice principale del lavoro.
I ricercatori hanno valutato una coorte di 2.412 pazienti con carcinoma ovarico epiteliale avanzato diagnosticati tra il 2010 e il 2019 e sottoposte a citoriduzione completa (R0-nessuna malattia residua macroscopica) con interval debulking surgery per confrontare gli esiti dopo resezione ottenuta con chirurgia mininvasiva rispetto ad un approccio laparotomico. L’endpoint primario era la sopravvivenza globale (OS). I casi sono stati stratificati in base all’estensione chirurgica e, all’interno della coorte di chirurgia mininvasiva, in base all’assistenza robotica.
Sono stati valutati anche gli esiti chirurgici, tra cui tasso di riammissione e mortalità a 30 e 90 giorni. Tra i partecipanti, 624 (25,8%) sono stati sottoposti a resezione R0 per mezzo di chirurgia mininvasiva. Nel periodo di studio, il tasso di utilizzo della chirurgia mininvasiva è aumentato, passando dal 12% al 36%. Non vi è stata alcuna differenza significativa nella sopravvivenza globale tra le coorti gestite in maniera mininvasiva e quelle in aperto (51 vs. 46 mesi HR 1.1; 95% CI 0.96–1.24). I tassi di mortalità postoperatoria a 30 e 90 giorni erano più alti nel gruppo in aperto (1,6% vs. 0,8% p = 0.006 e 1,9% vs. 3,5% p = 0.003 rispettivamente). I pazienti nel gruppo di chirurgia mininvasiva avevano meno probabilità di sottoporsi a un intervento chirurgico esteso (41% vs. 53% p < 0.001). Stratificando per estensione chirurgica, non è stata osservata alcuna differenza significativa nella sopravvivenza globale tra chirurgia mininvasiva e laparotomia (49 vs. 44 mesi nel gruppo di chirurgia estesa e 53 vs. 50 mesi nel gruppo di chirurgia non estesa). All’interno della coorte gestita in maniera mininvasiva, il 49% dei casi è stato trattato con approccio robotico; comunque, la sopravvivenza globale non differiva significativamente tra i casi gestiti con assistenza robotica e con approcci laparoscopici convenzionali (52 vs. 50 mesi). Dal 2010 al 2019, c’è stato un aumento nell’uso della laparoscopia assistita da robot (dal 6,2% al 25,5%), in concomitanza con un calo del tasso di laparotomia (dall’88,1% al 63,5% p = 0.008).
Fonte: J Clin Med. 2025
https://www.mdpi.com/2077-0383/14/4/1164
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