Controllo rigoroso dei fattori di rischio riduce il rischio cardiovascolare nei pazienti con CKD
Uno studio pubblicato sulla rivista Journal of the American College of Cardiology ha esaminato se il controllo rigoroso della pressione […]
Un recente studio pubblicato sulla rivista Circulation: Arrhythmia and Electrophysiology ha esaminato l’incidenza, la gravità e l’impatto clinico dell’emolisi indotta dall’elettroporazione (in inglese pulsed field ablation, PFA) nel trattamento della fibrillazione atriale. L’elettroporazione, sempre più utilizzata nella pratica clinica, è stata confrontata con l’ablazione a radiofrequenza (RF) in un campione di 215 pazienti trattati in quattro centri europei ad alto volume.
I risultati hanno mostrato che l’emolisi è stata rilevata nel 94,3% dei pazienti sottoposti a elettroporazione, rispetto al 6,8% di quelli trattati con RF. L’elettroporazione è stata associata a livelli significativamente più bassi di aptoglobina e a livelli più alti di emoglobina libera nel plasma, bilirubina e lattato deidrogenasi (LDH). Inoltre, l’emolisi è risultata correlata al numero di erogazioni di elettroporazione, con la massima gravità osservata in pazienti che hanno ricevuto 54 o più erogazioni.
Lo studio ha anche evidenziato che, dopo l’elettroporazione, il 36,4% dei pazienti ha sviluppato emoglobinuria e l’aumento della creatinina è stato maggiore nei pazienti con un tasso di filtrazione glomerulare basale inferiore a 50 mL/min.
Gli autori concludono che l’emolisi intravascolare è una conseguenza frequente dell’elettroporazione e aumenta con il numero di erogazioni. Sostengono quindi che fino a quando l’impatto clinico dell’emolisi associata all’elettroporazione non sarà completamente chiarito, è consigliabile una titolazione attenta delle erogazioni di elettroporazione durante la procedura di ablazione.
Fonte: Circ Arrhythm Electrophysiol. 2024
https://www.ahajournals.org/doi/abs/10.1161/CIRCEP.124.012732
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