Virus respiratorio sinciziale associato a rischio cardiovascolare aumentato negli adulti
Uno studio pubblicato su JAMA Network Open ha rilevato un aumento significativo del rischio cardiovascolare a un anno […]
Potrebbero essere i pipistrelli adolescenti – più precisamente i black flying fox e i grey-headed flying fox – i veri protagonisti nascosti dietro l’evoluzione di nuovi coronavirus. Non quelli che colpiscono l’uomo, almeno per ora, ma loro cugini virali che potrebbero rappresentare la “palestra” in cui i patogeni imparano a mutare, ricombinarsi e, un giorno, forse, saltare di specie.
Lo suggerisce un nuovo studio pubblicato il 17 luglio 2025 da Nature Communications, frutto di tre anni di lavoro dell’Università di Sydney, in collaborazione con il Westmead Institute for Medical Research. I ricercatori hanno raccolto oltre 2.500 campioni fecali in cinque siti lungo la costa orientale australiana, monitorando i pipistrelli da vicino, ma senza disturbarli.
Il cuore della scoperta
I pipistrelli giovani, in particolare tra marzo e luglio, periodo in cui si stanno svezzando e maturano sessualmente, sono più frequentemente infetti da coronavirus – e non da uno solo. In molti casi, gli animali risultano co-infettati da due o più virus contemporaneamente. È una situazione che, in termini virologici, equivale a una bomba evolutiva: quando più virus infettano la stessa cellula, possono scambiarsi pezzi di materiale genetico, generando varianti completamente nuove.
I sei coronavirus individuati nei pipistrelli australiani appartengono alla famiglia dei nobecovirus, che attualmente non infettano l’essere umano. Ma sono parenti stretti dei sarbecovirus, cioè i virus del tipo SARS. Proprio per questo, studiarne l’evoluzione in ambienti naturali ci offre un modello prezioso per prevedere il comportamento di virus più pericolosi.
Fonte: Nature Communications
https://www.nature.com/articles/s41467-025-61521-7