Malattia di Pompe: test su goccia di sangue secco per screening neonatale

L’introduzione di test di rischio per la malattia di Pompe all’interno di un più ampio programma di screening neonatale può portare a immediati benefici per i pazienti a livello di diagnosi tempestiva. A sottolinearlo è un team di ricercatori guidato da Zoltan Lukacs, dell’University Medical Center di Amburgo, in Germania, che ha pubblicato uno studio dall’International Journal of Neonatal Screening.

La malattia di Pompe è un disturbo genetico dovuto a deficit dell’enzima lisosomiale acido-α-glucosidasi (GAA), che determina un accumulo di glicogeno lisosomiale specialmente a livello di cuore, apparato scheletrico, muscolatura liscia e sistema nervoso. La patologia rara viene generalmente classificata, in base all’età di insorgenza, in infantile (IOPD), quando si manifesta nel primo anno di vita, o tardiva (LOPD), quando si presenta più tardi.

Nello studio, i ricercatori hanno analizzato 13.627 campioni, che erano gocce di sangue secco, valutando il deficit di GAA. I test sono stati condotti su pazienti che avevano una malattia di origine sconosciuta associata, per esempio, ad aumento dei livelli di creatinin chinasi (CK) o cardiomiopatia. In media, l’8% dei campioni ha mostrato attività enzimatica inferiore al range di riferimento, per cui i soggetti sono stati ulteriormente valutati con la misurazione dell’attività di un altro enzima o con l’analisi genetica molecolare.

Secondo gli autori, infine, le condizioni pre-analitiche, come il corretto essiccamento dei campioni, sono di grande importanza per l’attività enzimatica, per questo i laboratori dovrebbero prestare le dovute attenzioni.

Fonte: International Journal of Neonatal Screening.

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