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Grazie a un approccio cosiddetto multi-omico, che combina analisi proteomica e lipidomica, un team di ricercatori dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma, guidato da Anna Sidorina, è riuscito a migliorare le conoscenze nella patofisiologia della malattia di Pompe, con possibili future applicazioni a livello clinico. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sul Journal of Inherited Metabolic Disease.
I ricercatori italiani hanno studiato i profili proteomici e lipidomici di 12 pazienti affetti da malattia di Pompe, mettendo poi i risultati a confronto con quelli ottenuti da persone della stessa età. Dai risultati sono emerse differenze significative a livello di 16 proteine, con quattro, in particolare, che hanno mostrato un maggior grado di cambiamento: GPLD1, PON1, LDHB e PKM. Per quel che riguardava, invece, l’analisi lipidomica, questa ha mostrato elevati livelli di tre fosfatidilcoline e di acidi grassi liberi 22:4 e ridotti livelli di sei lisofosfatidilcoline.
La sovraregolazione di enzimi glicolitici LDHB e PKM sarebbe coinvolta, secondo gli autori, nell’autofagia e nel metabolismo del glicogeno, mentre la sottoregolazione di PON1 e GLPD1, insieme ai dati lipidomici, indica un anormale metabolismo dei fosfolipidi. Infine, i ridotti livelli di GPLD1 e la disregolazione dei lipidi suggeriscono un possibile coinvolgimento del sistema glicosilfosfatidilinositolo (GPI) ad ancora, nella malattia di Pompe; mentre i risultati dell’analisi proteomica mostrano il coinvolgimento di più funzioni cellulari, con un impatto su risposte infiammatorie, immuni e antiossidanti, autofagia, omeostasi del calcio e adesione cellulare.
Fonte: Journal of Inherited Metabolic Disease