Dopo il Covid l’Oms Europa lancia la prima rete paneuropea per il controllo delle malattie
L’Oms Europa ha lanciato congiuntamente la Rete paneuropea per il controllo delle malattie (Ndc) con l’Agenzia per la […]
La disfunzione autonomica cardiovascolare (CVAD) – un malfunzionamento del sistema cardiovascolare causato da un alterato controllo autonomo dell’omeostasi circolatoria – è una componente importante del long Covid. Gli effetti della CVAD possono essere osservati sia a livello del corpo nel suo complesso, con compromissione del controllo della frequenza cardiaca e della pressione sanguigna, sia in specifiche regioni dell’organismo, manifestandosi tipicamente come disfunzione microvascolare. In una revisione pubblicata dalla rivista Nature Review Cardiology, i ricercatori hanno discusso la diagnosi e la gestione della patologia.
La disfunzione autonomica cardiovascolare, in particolare la sindrome da tachicardia ortostatica posturale e la tachicardia sinusale inappropriata, sono tra i fenotipi più frequenti e distinti del long Covid. Gli autori scrivono che può esserne colpito un terzo dei pazienti altamente sintomatici. La CVAD deriva da un malfunzionamento del controllo autonomo della circolazione e può comportare la mancata o l’attivazione inadeguata o eccessiva delle componenti simpatiche e parasimpatiche del sistema nervoso autonomo. Oltre ai disturbi circolatori globali, la CVAD nella sindrome post-Covid-19 può manifestarsi come disfunzione microvascolare ed endoteliale, con sintomi locali come mal di testa, confusione mentale, dolore toracico, dispnea e sintomi circolatori periferici, tra cui scolorimento della pelle, edema e intolleranza al caldo e al freddo.
Per arrivare a una diagnosi appropriata, gli autori indicano la necessità di effettuare un percorso diagnostico strutturato basato su un’anamnesi dettagliata del paziente, test autonomici cardiovascolari, elettrocardiogramma a lungo termine e monitoraggio della pressione arteriosa e test vascolari cardiaci e periferici. La gestione della CVAD nella sindrome post-Covid-19 dovrebbe comportare una diagnosi corretta, l’educazione del paziente e metodi sia non farmacologici che farmacologici che includono: un programma di allenamento fisico su misura, l’espansione del volume sanguigno e l’uso di indumenti compressivi. Gli approcci farmacologici mirano al controllo della frequenza cardiaca, all’espansione del volume sanguigno, alla promozione della vasocostrizione e della venocostrizione e alla riduzione della spinta iperadrenergica.
Fonte: Nat Rev Cardiol 2024
https://www.nature.com/articles/s41569-023-00962-3