Coronavirus: Ue, non c’è prova che viaggiatori siano un rischio

Kyriakides, ‘Stati pressati, così dimostrano che fanno qualcosa’

Le severe restrizioni di viaggio introdotte quest’inverno dagli Stati membri dell’Ue per contenere la diffusione della Covid-19 potrebbero essere state imposte non tanto per ragioni sanitarie né tantomeno sulla base di evidenze scientifiche, quanto, più prosaicamente, perché i governi, sotto pressione, avevano bisogno di dimostrare alle rispettive opinioni pubbliche che stavano facendo qualcosa per combattere la pandemia. E la Commissione Europea è al corrente di questa necessità ‘politica’. È il sospetto che viene leggendo il verbale della riunione del collegio dei commissari europei del 2 dicembre scorso a Bruxelles, consultato dall’Adnkronos. 

Durante il dibattito sulla comunicazione ‘Staying safe from Covid-19 during winter’, il vicepresidente Margaritis Schinas e la commissaria alla Salute Stella Kyriakides illustrano ai colleghi i contenuti della comunicazione. Nella discussione che segue, i commissari mettono in evidenza tra l’altro “la mancanza di armonizzazione delle misure di testing e di quarantena messe in atto nell’Ue per i viaggiatori” e, soprattutto, “il fatto che non c’è alcuna evidenza scientifica che dimostri che i viaggiatori rappresentino un rischio di contagio maggiore rispetto agli altri cittadini”.

Easa ed Ecdc, prevalenza virus inferiore tra chi si sposta

Anche le linee guida per i viaggi in aereo, pubblicate quello stesso 2 dicembre dall’Easa, l’agenzia Ue per la sicurezza del volo, e dall’Ecdc, il centro europeo per il controllo delle malattie, stabiliscono che i viaggiatori “non devono essere considerati come una popolazione ad alto rischio, né trattati come chi ha avuto contatti con un positivo, a meno che non si sappia per certo che sono stati in contatto con un caso positivo confermato”. Al contrario, per Easa ed Ecdc le evidenze scientifiche indicano che “la prevalenza del coronavirus Sars-CoV-2 tra i viaggiatori è stimata essere inferiore rispetto a quella della popolazione in generale. In più, le misure in vigore nell’aviazione minimizzano le possibilità di contagio durante i viaggi in aereo”. 

Gli Stati membri dell’Ue hanno semplicemente ignorato queste linee guida, adottando misure draconiane contro chi viaggia, anche sulla scia dello sviluppo delle varianti britannica, brasiliana e sudafricana. Alcuni Paesi, come il Belgio, che hanno gestito la pandemia con risultati non particolarmente positivi (conta 184,43 morti per Covid ogni 100mila abitanti, secondo nel mondo solo alla Repubblica di San Marino, che ne ha 192,39; dati Johns Hopkins University), hanno adottato misure molto severe nei riguardi dei viaggiatori.

Fonte: Adnkronos Salute

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