Covid: indagine, ‘in pandemia meno cure domiciliari, Pnrr banco di prova’

Bernabei (Italia Longeva), ‘anziani fragili sono stati doppiamente vittime, non sprechiamo occasione’

L’emergenza sanitaria ha provocato una battuta d’arresto anche per le cure domiciliari, dopo un trend di crescita positivo registrato nel quinquennio pre-Covid. Se tra il 2014 e il 2019 gli over 65 assistiti a domicilio sono passati da poco più di 250mila a oltre 390mila (in media un aumento di 25mila unità all’anno), pari al 2,83% dei quasi 14 milioni di anziani residenti in Italia, nel 2020 questo trend ha cominciato a decrescere, attestandosi a poco più di 385mila unità, ovvero il 2,7% degli over 65 e il 4,5% degli over 75, con Regioni in grado di garantire cure domiciliari a più del 3,5% degli anziani e altre che stentano a raggiungere tassi di copertura dell’1%. A scattare questa fotografia è un’indagine curata per Italia Longeva da Davide Vetrano, ricercatore al Karolinska Institutet di Stoccolma, in collaborazione con la Direzione generale Programmazione sanitaria del ministero della Salute. 


La ricerca è stata presentata oggi nel corso della sesta edizione degli Stati generali dell’assistenza a lungo termine, ‘Long-Term Care Six’, appuntamento annuale di Italia Longeva. Complessivamente, sul fronte cure domiciliare – viene evidenziato – siamo a “meno di un terzo da quel 10% fissato dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) per adeguarci, entro il 2026, alle buone prassi europee che vedono punte fino al 13% in Germania (percentuale che arriva al 29% per gli ultra-ottantenni), con i Paesi del Nord Europa dove addirittura un over 80 su 3 è assistito in Adi”, assistenza domiciliare integrata. 


“Gli anziani fragili sono doppiamente vittime della pandemia”, commenta Roberto Bernabei, presidente di Italia Longeva. L’emergenza scatenata da Covid “ha fermato anche quella timida, ma in risalita tendenza che vedeva la long-term care del nostro Paese in progressiva espansione, sebbene lontana dal soddisfare i reali bisogni di assistenza della popolazione anziana, e con notevoli divari regionali”. 


Oggi, prosegue Bernabei, “abbiamo l’occasione per dare una spinta a quel processo di modernizzazione dell’assistenza territoriale atteso da tempo, ma la disponibilità di risorse da sola non basta per gestire in maniera efficace la multimorbidità dell’anziano moderno e il passaggio dalla fragilità alla disabilità – ammonisce – E’ tempo di uniformare il sistema ispirandosi ai migliori standard di valutazione del bisogno per permettere il migliore management clinico assistito dalla più moderna tecnologia”.


Il Pnrr prevede l’introduzione delle Case di Comunità e degli Ospedali di Comunità quali presidi intermedi tra l’assistenza a domicilio e quella in ospedale. Un ‘terzo pilastro’ da costruire accanto ai due già esistenti come fondamenta della long-term care, Adi e Rsa (settore quest’ultimo dove, secondo l’indagine, “non va meglio”, visto che delle cure residenziali beneficiano poco più di 2 anziani su 100). Per realizzare un sistema di cure facilmente accessibile ed evitare che il paziente ‘si perda’, rilevano gli esperti, sarà necessario snellire i processi e renderli più efficienti, e integrare gli interventi sociosanitari in risposta ai bisogni sociali, oltre che clinici, dell’anziano fragile.


“Definire con esattezza chi fa cosa, come lo fa e con quali strumenti – continua Bernabei – sarà il banco di prova per la costruzione della long-term care del terzo millennio, in risposta ai bisogni di salute di una popolazione sempre più anziana, e al passo con le innovazioni tecnologiche, dalla telemedicina ai dispositivi indossabili per il monitoraggio dei parametri vitali del paziente, che consentono di gestire quotidianamente a distanza, in modo efficace e tempestivo, e con costi contenuti, il percorso di cura di un gran numero di anziani. Qualsiasi dotazione di risorse rischia di rivelarsi un’occasione persa, se si pensa di riorganizzare la medicina del territorio senza dotarla di queste tecnologie e senza investire sulla formazione del personale coinvolto”.

Fonte: Adnkronos Salute

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