Indice CHG: un possibile nuovo indicatore per il rischio metabolico

Uno studio recentemente pubblicato sul Journal of International Medical Research ha evidenziato una possibile correlazione tra l’indice CHG, un parametro che combina colesterolo totale, HDL e glicemia a digiuno, e la prevalenza di diabete mellito di tipo 2 nella popolazione adulta statunitense. L’analisi ha suggerito che l’indice CHG potrebbe rappresentare un biomarcatore semplice ed efficace per l’identificazione precoce del rischio diabetico.

“Abbiamo osservato un’associazione significativa tra valori elevati di CHG e una maggiore prevalenza di diabete di tipo 2, con un rischio che cresce in modo non lineare oltre una soglia ben definita” afferma Zhe Zhang, della Fujian University of Traditional Chinese Medicine, Fujian, Cina, primo nome del lavoro.

Lo studio ha incluso 11.390 partecipanti tratti dalle indagini condotte nel National Health and Nutrition Examination Survey (NHANES) tra il 2009 e il 2018. L’indice CHG è stato calcolato combinando i valori di colesterolo totale, colesterolo HDL e glicemia a digiuno. Attraverso modelli di regressione logistica pesata, è emersa una correlazione positiva tra l’incremento del CHG e la prevalenza del diabete di tipo 2, anche dopo aver corretto per numerosi fattori confondenti.

L’analisi con spline cubica ristretta ha evidenziato un rapporto non lineare, con un rischio aumentato di diabete già a partire da valori di CHG superiori a 5,24. Inoltre, le curve ROC (Receiver Operating Characteristic) hanno mostrato una buona capacità predittiva dell’indice CHG (AUC = 0.721), simile a quella dell’indice trigliceridi-glicemia (AUC = 0.730), ma con una maggiore specificità (80% rispetto a 73%).

“Questi risultati aprono nuove prospettive sull’impiego dell’indice CHG come strumento accessibile per la valutazione del rischio metabolico nella pratica clinica. Tuttavia, serviranno ulteriori studi prospettici per confermare il valore predittivo dell’indice e la sua utilità nella prevenzione e diagnosi precoce del diabete mellito di tipo 2” concludono gli autori.

Fonte: J Int Med Res. 2025

https://journals.sagepub.com/doi/10.1177/03000605251375557

Contenuti simili

I più visti