Colangite biliare e diabete sono legati da una relazione causale bidirezionale
Secondo uno studio pubblicato su Frontiers in Endocrinology, tra il diabete di tipo 1 e la colangite biliare primitiva esiste […]
Uno studio retrospettivo pubblicato su Diabetes, Metabolic Syndrome and Obesity ha analizzato l’influenza del controllo glicemico, della durata del diabete e della severità della stenosi coronarica sulla mortalità a lungo termine nei pazienti con diabete di tipo 2 (T2DM) e cardiopatia ischemica cronica. L’indagine, durata dieci anni, ha permesso di identificare fattori modificabili chiave utili per affinare la stratificazione del rischio e migliorare la prevenzione secondaria in questa popolazione clinica complessa.
“Abbiamo sviluppato un modello prognostico che integra la durata del diabete, il controllo glicemico e la gravità dell’ostruzione coronarica, fornendo così uno strumento per personalizzare il trattamento e le strategie di prevenzione nei pazienti con diabete di tipo 2 e coronaropatia stabile” spiega Weiguo Chen, del Tangdu Hospital, Fourth Military Medical University, Xi’an, Cina, primo nome dello studio.
La coorte comprendeva 150 pazienti affetti da sindrome coronarica cronica, sottoposti ad angiografia coronarica tra il 2011 e il 2012. I dati demografici e biochimici sono stati raccolti al basale. I partecipanti sono stati suddivisi in due gruppi in base ai valori di emoglobina glicata (HbA1c), uno con controllo glicemico intensificato (HbA1c ≤ 7,5%) e uno con controllo più rilassato (HbA1c > 7,5%).
La gravità delle lesioni coronariche è stata quantificata utilizzando il punteggio Gensini, e le analisi statistiche si sono basate su modelli di regressione di Cox multivariata e curve di sopravvivenza di Kaplan-Meier. Dall’analisi è emerso che il rischio di mortalità aumentava in modo significativo con l’età, l’innalzamento dell’HbA1c, la durata del diabete e un punteggio Gensini più elevato. Tali variabili sono risultate indipendentemente associate sia alla mortalità per tutte le cause che alla mortalità cardiovascolare.
In particolare, la sopravvivenza cardiovascolare si riduceva in modo marcato nei pazienti con controllo glicemico inadeguato e una storia di diabete superiore a dieci anni. Inoltre, livelli più elevati di bilirubina diretta e più bassi di proteine totali sieriche sono stati anch’essi correlati negativamente agli esiti cardiovascolari.
L’analisi di Kaplan-Meier ha confermato che i pazienti con HbA1c superiore al 7,5% e una durata del diabete superiore ai dieci anni presentavano un tasso significativamente più alto di mortalità cardiovascolare, con una differenza statisticamente significativa. Lo studio suggerisce dunque che, nella gestione di pazienti con diabete di tipo 2 e coronaropatia stabile, sia fondamentale considerare non solo i valori glicemici ma anche la durata della malattia diabetica e l’estensione dell’aterosclerosi coronarica. “Questi risultati supportano un approccio individualizzato al controllo glicemico, che tenga conto della fragilità del paziente, dell’aspettativa di vita e della complessità cardiovascolare. Il modello proposto rappresenta un passo in avanti verso una medicina di precisione nella gestione di una delle popolazioni a più alto rischio cardiovascolare” concludono gli autori.
Fonte: Diabetes Metab Syndr Obes. 2025
https://www.tandfonline.com/doi/full/10.2147/DMSO.S528159?src=exp-la