Carcinoma esofageo

Il carcinoma dell’esofago è una neoplasia relativamente rara, che rientra nel gruppo di patologie con caratteristiche cliniche aggressive e ad alta letalità, presentandosi spesso già in stadio avanzato al momento della diagnosi. La sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi è purtroppo ancora scadente. La definizione di nuove e migliori strategie terapeutiche e l’attenzione alla prevenzione primaria sono le sfide attuali e future per il contrasto dell’elevato tasso di mortalità (1,2).

In Italia, nel 2020 sono state stimate circa 2400 nuove diagnosi di tumore dell’esofago, con incidenza maggiore nel sesso maschile e un rapporto di circa 2-5/1 rispetto alle donne. I tassi di incidenza più elevati si registrano nelle regioni del Nord-Est ed in Lombardia, mentre risultano essere più bassi nelle regioni del Sud. Il tumore all’esofago è un tumore con alta letalità: la sopravvivenza netta a 5 anni dalla diagnosi è del 13% negli uomini e del 22% nelle donne (1,2).

Epidemiologia del tumore dell’esofago (mod. da 2)

L’eziologia del carcinoma dell’esofago è multifattoriale e i fattori di rischio sono variabili in relazione alle diverse aree geografiche e all’istologia (1).

In Europa, i fattori di rischio principali sono alcool e tabacco, e l’aumento di incidenza nelle donne sembra essere correlato all’aumento dell’abitudine tabagica che si è registrata negli ultimi anni (1).

Il rischio di sviluppare il carcinoma dell’esofago in soggetti che contemporaneamente consumano alcool e tabacco aumenta di circa 100 volte (1).

Per l’adenocarcinoma dell’esofago, il fattore di rischio principale è il reflusso gastroesofageo e l’insorgenza di esofago di Barrett, spesso derivati da obesità e fattori dietetici errati; ad oggi, nei paesi occidentali l’adenocarcinoma è l’istotipo maggiormente rappresentato (1).

Sono riconosciuti anche fattori genetici predisponenti l’insorgenza del tumore dell’esofago: la tilosi (rara sindrome a trasmissione autosomica dominante, nella quale circa il 95% dei soggetti sviluppa un carcinoma squamoso dell’esofago), la sindrome di Plummer-Vinson (in circa il 10% dei soggetti affetti) e l’acalasia (in cui il rischio di degenerazione neoplastica è sino a 30 volte superiore rispetto alla popolazione generale) (1).

I due istotipi più frequenti sono il carcinoma squamoso (più frequentemente localizzato nel terzo medio dell’esofago) e l’adenocarcinoma (frequentemente derivante da un pregresso esofago di Barrett, localizzato soprattutto nel terzo distale) (1).

Il percorso diagnostico-terapeutico del paziente con nuova diagnosi di carcinoma dell’esofago deve basarsi su una valutazione multidisciplinare (chirurgo, oncologo medico, radioterapista, endoscopista, anatomopatologo, otorinolaringoiatra e nutrizionista), in modo da garantire al paziente le migliori cure integrate per ottenere le maggiori possibilità di controllo della patologia e, quando possibile, di guarigione; l’approccio multidisciplinare è necessario per valutare il miglior percorso di cura sulla base dei due istotipi principali (2).

Principiali indagini di stadiazione secondo le Linee Guida AIOM 2019

Nei casi di tumore dell’esofago limitati a mucosa e sottomucosa, il trattamento endoscopico è l’opzione terapeutica di prima scelta (2).

Nei casi di tumori in stadio iniziale, in pazienti fit per chirurgia, l’esofagectomia è il trattamento principale, con l’obiettivo di una resezione chirurgica radicale (R0), indipendentemente dall’istotipo. La chirurgia dell’esofago, gravata da elevata morbidità e mortalità, deve essere effettuata in centri specialistici con una expertise (2).

Nei tumori squamosi localmente avanzati potenzialmente operabili, l’approccio chemioradioterapico neoadiuvante è raccomandato; per i pazienti che ottengono una risposta completa, il trattamento chirurgico è riservato ai casi di recidiva locale (2).

Nell’adenocarcinoma localmente avanzato, potenzialmente la chirurgia mantiene un ruolo centrale, le varie opzioni di trattamento comprendenti la chemioradioterapia neoadiuvante, la chemioterapia perioperatoria e la chemioterapia neoadiuvante (2).

La chemioterapia adiuvante è raccomandata solo nell’adenocarcinoma, a differenza dei tumori squamosi, dove è raccomanda la sorveglianza, a prescindere dal rischio di ricaduta. (2).

Nella fase avanzata, ad oggi la chemioterapia è l’unica strategia terapeutica a disposizione per entrambi gli istotipi: in pazienti in buone condizioni cliniche senza comorbidità è raccomandato un trattamento polichemioterapico (combinazione di platino e fluoropirimidine), indipendentemente dall’istotipo (2).

Dati recenti e promettenti sull’utilizzo dell’immunoterapia nel carcinoma dell’esofago hanno aperto uno spiraglio per il loro utilizzo nel futuro.

  1. Linee Guida AIOM Tumori dell’Esofago, edizione 2019
  2. I numeri del cancro in Italia, rapporto AIOM-AIRTUM 2021

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