Capire il rischio dei pazienti con diabete: i fattori comuni non sempre bastano

L’invecchiamento biologico, stimato attraverso gli strumenti epigenetici esistenti, è associato al rischio di mortalità negli individui con diabete di tipo 2, indipendentemente dai fattori di rischio comuni, secondo uno studio pubblicato su Cardiovascular Diabetology.

“Gli individui con diabete di tipo 2 (T2D) affrontano un aumento del rischio di mortalità, non completamente spiegato dai fattori di rischio canonici. La stima dell’età biologica attraverso la metilazione del DNA (DNAm), ovvero l’orologio epigenetico, sta emergendo come possibile strumento per migliorare la stratificazione del rischio. Tuttavia, non è noto se questo strumento preveda la mortalità indipendentemente dai fattori di rischio canonici nei soggetti con diabete di tipo 2” affermano gli autori, guidati da Jacopo Sabbatinelli, dell’Università Politecnica delle Marche, e dell’IRCCS INRCA, Ancona.

Per approfondire la questione, i ricercatori hanno selezionato in una coorte di 568 pazienti con diabete di tipo 2 seguiti per 16,8 anni un sottogruppo di 50 soggetti, 27 attualmente vivi e 23 deceduti. Gli esperti hanno analizzato il DNAm preso dai leucociti del sangue periferico per valutare l’invecchiamento biologico attraverso orologi epigenetici precedentemente convalidati, e hanno esaminato i livelli stimati dal DNAm di proteine ​​infiammatorie selezionate e conteggi delle cellule del sangue. Hanno quindi testato le associazioni di tali stime con la mortalità, utilizzando un’analisi di regressione degli esiti residui a due stadi, e creando un modello di riferimento sui dati del gruppo di pazienti sopravvissuti.

I soggetti deceduti avevano un’età epigenetica mediana più elevata espressa con l’algoritmo DNAmPhenoAge e un ritmo di invecchiamento DunedinPoAm accelerato; DNAm PhenoAge e DunedinPoAm hanno mostrato un’associazione con la mortalità indipendentemente dai fattori di rischio canonici. I predittori epigenetici di tre proteine ​​correlate all’infiammazione cronica, ovvero CXCL10, CXCL11 ed enRAGE, il punteggio di rischio di metilazione della proteina C-reattiva, e le stime basate sul DNAm della conta delle cellule T CD8+ esaurite erano più alti nei soggetti deceduti rispetto a quelli sopravvissuti. “Sarà necessaria la replica di questi risultati in coorti più ampie per valutare il potenziale di un approccio di tal genere per affinare la comprensione del rischio di mortalità nel diabete di tipo 2” concludono gli autori.

Fonte: Cardiovasc Diabetol. 2024

https://cardiab.biomedcentral.com/articles/10.1186/s12933-024-02351-7

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